lunedì 7 aprile 2014

Via Lattea TRAIL


Sono passati 365 giorni da quella notte di stelle, da quella notte che sa ancora di impresa eroica, una notte di istinto di sopravvivenza ed emozioni incredibili.
Per un anno intero ho continuato a sognare un‘altra notte come quella della prima edizione della via Lattea trail.
A chi mi avesse chiesto quale fosse la gara più bella che avessi fatto fino a quel momento avrei risposto la 78km di Davos, ma da quel momento : "Via Lattea trail".
Io adoro la neve, la montagna, lo sci di fondo, il trekking, la corsa, le campestri in particolare e il fascino della notte negli ultratrail.
Già questo elenco basterebbe per capire perché la notte della Via Lattea trail sia rimasta nel cuore.
Quel giorno siamo diventati tutti degli eroi.
Nelle grandi città come la mia Bologna un’ ondata di gelo e di freddo aveva paralizzato praticamente
tutto.. anche la corsa frenetica ai regali natalizi .
Ero partito dal mio paese la mattina un po’ titubante, con la paura di restare bloccato, di non
arrivare mai. I 10km per entrare in autostrada sono durati un’ ora...ma da Milano Ilaria mi diceva che la situazione non era critica.
Sarei mai arrivato ai piedi delle Alpi Franco-piemontesi?
Dopo Torino la risposta.
Il sole che illuminava le montagne bianchissime, un sole d'azzurro del cielo. Un contorno da cartolina.
Nonostante ciò la temperatura prevista di -30 gradi nella notte mi spaventava.
Paura, anzi terrore.
Sul sito della gara Maurizio e Nico avevano scritto: "Il percorso si snoda per il 90% sulle piste della Via Lattea, il più esteso comprensorio sciistico piemontese. Questi pendii sono stati i protagonisti delle
Olimpiadi Invernali di Torino 2006. La gara è unica nel suo genere, abbinando la corsa sulla neve alla corsa in notturna, con il solo aiuto della lampada frontale, senza l'utilizzo delle racchette da neve "
Il mio zaino riempito fino al colmo del materiale obbligatorio e oltre, io che sembravo l'omino della Michelin da tanto che mi ero vestito. Una 30km sulla neve col buio a -30gradi era qualcosa di imprevedibile, sconosciuto, emozionate e stimolante.
Un paio di guanti pesanti in goretex più un paio di scaldini per le mani, un paio di scaldini per i piedi,
calzamaglia, tuta da sci di fondo, gilet tecnico da montagna ,pile pesante da montagna, scarpe da trail in goretex, ghette da neve, scaldacollo, cuffia pesante, passamontagna, occhiali trasparenti, doppio
paio di calzini e nello zaino giacca pesante in goretex oltre al materiale obbligatorio...dell’ altro????
Gli scaldamani o scaldapiedi sono chiamati anche ghiaccio caldo e si presentano come una busta morbida con dentro del liquido trasparente, che non è altro che una soluzione super-satura di acetato di sodio in acqua, contenente una piastrina metallica leggermente bombata.
Schiacciando la piastrina metallica si genera una forte vibrazione nell'intera massa della soluzione. Questa vibrazione provoca un repentina solidificazione del liquido con successiva emanazione di un forte calore. Il calore solitamente si esaurisce dopo 20-30 minuti circa.
Esistono anche delle solette riscaldanti per le scarpe, con un principio simile a quelle elettriche, utili
soprattutto per chi scia.
Mi accorgo subito poco dopo la partenza che l'acqua a -20 ghiaccia....ma dai, che scoperta incredibbbbile!!! Quindi la quantità richiesta obbligatoria, mezzo litro, è inutilizzabile.
Gli scaldapiedi, invece, iniziano a bruciare. Vuoi mai che andavano messi sopra il piede invece che sotto???? Più ci camminavo, più ci correvo, più la velocità aumentava e più bruciavano.
Ero a -20 e mi sembrava di correre sui carboni ardenti!!!! “Mi fermo per toglierli??? no no con questo gelo....E chi si ferma???... e invece, Si Si, non ce la faccio più!!!”
Via guanti, scalda mani, ghette, scarpe e doppi calzini! Operazione che avviene con il sedere
sulla neve ,al buio, mentre il flusso delle luci frontali prosegue inesorabile senza aspettarmi.
Cinque minuti e sono come nuovo ,giusto piccole ustioni sotto i piedi, ma non stiamo a guardare il dettaglio vero?
Si sale, è sempre più freddo, il vento soffia sempre più forte, le mani non le sento quasi più, ho troppo freddo, mani congelate, nonostante abbia un paio di guanti pesanti e gli scaldamani.
Il vento mi porta via il pettorale e devo buttarmi nella neve non battuta per
recuperarlo bagnandomi fino ai fianchi!! Tanto non è freddo....un tuffetto nella neve era quello che i mancava!!!
Arriviamo sul colle dove i militari ci accolgono con the caldo che è una manna per le mani
congelate .. non lo bevo ma lo tengo stretto per molti minuti .
Un pensiero ai volontari di queste manifestazioni, soprattutto in condizioni estreme...sono grandi quanto noi....
Mi piacerebbe stare riparato davanti al pentolone di the, fermarmi tutta la notte ,fuori è troppo freddo ,io adoro il freddo, ma questo è troppo.
Lo so che il freddo o il caldo che sentiamo è solo la percezione di quello che vogliamo sentire, di quello che diciamo alla nostra mente di sentire, come il dolore fisico, la stanchezza, tutto è relativo, dipende dalla resistenza fisica e mentale di ogni persona.
Ma il freddo che sento ora è…troppo!!!
Leggo gli sms di incoraggiamento degli amici e di mio padre, preoccupati quanto me sulla riuscita dell'impresa in condizioni di salute ragionevoli.
Riparto in discesa. C'è Sestriere da raggiungere.
Sestriere: con i suoi 2.035 metri è il comune italiano posto alla maggiore altitudine. Il nome Sestriere si accosta a eventi magici di sci, ciclismo....Tour de France, Giro d'Italia, Olimpiadi invernali ,Coppa
del mondo di sci....
Voglio arrivare a Sestriere, non ci sono mai stato prima.
Ma tra me e Sestriere non ci separano solo alcuni chilometri di discesa. Le mani solo sempre più congelate, non le sento davvero più. Il freddo diventa sempre più dolore che prende la testa, inizio a sragionare, urlare, ho paura; in questi momenti vengono in mente pensieri bizzarri, strani, ridicoli.. penso a Confortola, la guida alpina conosciuta qualche anno fa a Santa Caterina, al quale hanno dovuto amputare le dita dei piedi per congelamento dopo la spedizione hymalayana fallita, durante la quale lui è rimasto l'unico sopravvissuto.
Ho paura di conseguenze peggiori.
Inizia a prendere forma l'idea del ritiro anche se non è nel mio DNA, di solito striscio anche per ore ed ore pur di arrivare in fondo a qualcosa che ho iniziato.
Non ci credo veramente neppure io al ritiro, al massimo mangeremo dita sott'olio per Natale..
Un passo alla volta, come nelle ultra-maratone sulla strada e della vita; ragionare un chilometro per volta, avere in testa l'obiettivo ma non pensare mai a quanto manca, ragionare a piccoli passi ,porsi obiettivi
intermedi...ora c'è da raggiungere Sestriere ,da li vedremo.
Il cielo è un ammasso di stelle mai visto prima nella mia vita; tante stelle così luminose, così vicine, così sorridenti, neanche nei posti più sterminati della Patagonia ,neanche sulle vette più solitarie; le
condizioni climatiche di quel giorno ci stavano regalando una notte magica, difficile ed epica, per il freddo, per il vento, che aveva costretto gli organizzatori a rivedere il percorso accorciandolo e saltare la salita ai 2700mt del Fraiteve.
Nonostante tutto ,la via Lattea ci stava regalando una notte di stelle, di neve che illuminava
come fosse mattina presto il paesaggio circostante; centinaia di lucine in fila indiana che disegnavano il sentiero, la strada di una notte indimenticabile.
Arrivato a Sestriere, le luci della città e la gente ad applaudire mi davano un po’ di speranza.
Le mani non erano messe bene, il pensiero del ritiro era ancora presente, ero solo a metà strada e
dovevo scollinare ancora il Basset.
Infilo le dita delle mani congelate dentro il the bollente, cosa che non è mai da fare. E' importante che il riscaldamento non sia troppo rapido perché i tessuti congelati sono passati ad un metabolismo anaerobico, senza ossigeno; quando vengono riportati ad un metabolismo aerobico troppo rapidamente
si possono liberare delle sostanze che possono provocare danni sia a livello locale che al resto dell'organismo. In caso di un congelamento iniziale, il congelamento può essere arginato scaldando la parte con sfregamenti, frizioni, calore del respiro o, come nel mio caso della mano, tenendola sotto l'ascella. In questo procedimento può darsi che si possa sentire dolore, ma è solo segno che la circolazione si sta riattivando.
Però a quelle temperature, in quelle condizioni la testa sragiona facilmente, per cui immergo, come fossero dei biscotti, le dita dentro il the bollente.
Nel frattempo un ragazzo più giovane di me decide di ritirarsi e sta per salire sul pulmino.
Io penso che correre all’arrivo mi farebbe sentire di sicuro meno freddo che sedermi per non so quanto tempo dentro un pullman ad aspettare altri ritirati. No ..corro fino la fine.
Il ragazzo ritirato mi vede congelato e mi spalma una crema canforata sulle mani, aiutandomi perchè orami non sono più in grado di fare alcun movimento e neanche di parlare...i -27gradi del Basset si stanno impossessando anche della mia mente. Non solo, il naso, l'unica parte della pelle esposta
era stata graffiata ,punta dall’aria gelida, dal vento, come fossero degli spilli, e iniziava a spellarsi come dopo essere stati per una giornata al sole senza crema all'equatore.
Riparto verso la salita che avevo precedentemente disceso...il percorso modificato prevedeva una doppia scalata al colle Basset sul quale i grandi volontari militari aspettavano con il the caldo a 2500m. Sragiono nuovamente. Freddo, forse l'altura, è già tanto che non abbia visto lo yeti, penso.
Sono stanco...esausto, ma non nelle gambe, esausto dal freddo.
Inizio a guardare le stelle , osservo quello spettacolo indescrivibile...e penso agli amici che mi stanno scrivendo, alla mia famiglia, alla quale non è mai importato nulla delle mie imprese, delle
mie corse e nemmeno dei miei successi. Per loro è solo un passatempo che mi porta via tempo prezioso per cose più importanti, per loro mi comporto ancora da bambino allenandomi e non pensando magari a metter su famiglia e conformarmi al resto della società.
Eppure in ogni impresa ci sono loro, penso a loro come mia forza, anche se so che non li troverò mai al traguardo, che all’arrivo al mio sms risponderanno "ok" e non mi chiederanno mai nulla di quello che ho fatto e di come sono riuscito a farlo, non saranno curiosi delle stelle e delle emozioni di questi colori....eppure sono nella mia mente e nel mio cuore dal primo all'ultimo km delle mie imprese soprattutto le più dure.
Vedo brillare una stella più luminosa delle altre e le do il nome del mio nipotino Thomas, ne vedo un'altra e
le do il nome della mamma, e cosi via...sto soffrendo ma sto cercando forza ,sto cercando di non pensare a quanto male ho alle mani, alla mancanza totale sono di energia prosciugata dal gelo... sragiono, piango, parlo coi miei cari che non ci sono più, mi emoziono e dopo un po’ mi ritrovo di nuovo sul Col del Basset . Mi fermo nello spazio coperto per riscaldarmi le mani e i guanti. Passano 10-15 minuti mentre invio sms a
tutti dicendo che mancano solo 8km di discesa. Solo 8km!!!Ce la sto facendo!!!
Mi rinfilo i guanti per tuffarmi nel buio illuminato della notte della via Lattea.
La gioia è indescrivibile, piango....mi sono sentito inadeguato, come un pesce fuor d'acqua, impaurito, ma sono ancora qui e sto arrivando alla conclusione...Sauze D'Olux non può più sfuggirmi. Amo
questa gara. E' rimasta per un anno nel cuore, nella testa, nelle mani come fosse stigmate. In ogni momento di paura ricordo quelle condizioni; quando penso che è troppo freddo per fare questo o quest’altro mi viene alla mente la notte della via Lattea che mi ha reso un po’ più forte.
Si diventa eroi per se stessi con poco a volte, ma quel poco basta per la propria autostima. Penso a chi finisce per la prima volta la Maratona , una mezza maratona, o chi semplicemente riesce a correre per un’ ora di fila senza fermarsi.
Si diventa campioni non solo con il cronometro ,coi risultati di livello internazionale, ma anche nel
proprio piccolo con imprese più semplici ma enormi per se stessi, per le persone che ti stanno accanto, per i propri familiari, i colleghi di lavoro che fanno il tifo, ma soprattutto per se stessi.
Quando ti metti alla prova e quando vinci una sfida con te stesso, una sfida che qualche tempo prima ti sembrava impossibile da raggiungere e da realizzare, quel sogno si trasforma in un bel racconto da narrare davanti a una birra e una pizza, un bel racconto da rivivere nel proprio cuore magari nei momenti in cui qualcosa non gira nel verso giusto. Un’ impresa non si misura dal numero di km percorsi o dal numero scritto sul cronometro. Un impresa è un impresa. Ed è diversa per ognuno di noi; anche noi per un attimo, quel giorno diventiamo degli eroi.
365. 365 giorni dopo, un’altra via Lattea mi avrebbe aspettato.
Questo giorno l'ho sognato per un anno intero. Senza aspettative di risultato, solo per rivivere un po’ di quelle emozioni. Certo, quelle condizioni estreme sarebbe stato difficile averle riproposte tutte insieme, ma non avrei avuto la stessa paura, le stesse ansie, la stessa impreparazione, la stessa irrazionalità.
Un anno all’università del trail, il sentiero, la montagna che non ti perdona se sbagli qualcosa, se fai le cose con
leggerezza, se non la rispetti come si dovrebbe. La montagna non è un gioco per atleti frustrati dall'asfalto cittadino, per fare gli sboroni sulle vette magari con scarpe da tennis, con la t-shirt a maniche corte saltando qua e là per le rocce e magari scalando senza imbragatura o dove ti sconsigliano di andare le persone più esperte che hanno sentito il meteo...non è un luogo dove lasciare rifiuti come si fa con
troppa leggerezza nelle città.
Vedo in agosto ondate di turisti che salgono ai rifugi come se fossimo a Rimini, con lo stesso spirito, facendo chiasso con trombette, calpestando o raccogliendo fiori, molestando gli animali come allo zoo...turisti che abbandonano rifiuti per strada, che non scambiano nemmeno un saluto con un altro escursionista che incrociano sul loro cammino, che non si fanno da parte nei passaggi più impervi. Insomma, non è la montagna che conosco io, come la concepisco io, quella che a partire da mio nonno ho
imparato ad amare. In montagna noi siamo solo ospiti e, come tali, dobbiamo lasciarla come è e come vorremmo trovarla, non bisogna lasciare traccia del nostro passaggio.
All'università della montagna ho fatto un corso di alpinismo su roccia e su ghiaccio, attraverso il quale ho
acquisito più sicurezza, più coscienza di quello che faccio.
Le discese che erano il mio tallone d'Achille sono diventate la mia forza, un pò per il corso che mi ha sbloccato mentalmente ma soprattutto per quegli esercizi che ti migliorano muscolarmente per
prendere veloce la discesa. Centinaia di esercizi con balzi sulle panchine del parco dietro casa mia, mentre i passanti mi guardavano come fossi un matto esaltato.
All' univeristà del trail , UTMB,Valdigne,3 Comuni, Scaccabarozzi, Chaberton; un anno di allenamenti, di salite, decine di ore per volta, 30 ore di allenamento a settimana mi hanno dato qualcosa di più a livello di esperienza e sicurezza.
Ricordo prima dell'UTMB, parlando con Matteo Ghezzi, grande campione che mi disse che quel volume di allenamenti non era un volume per finire l'UTMB ma per vincerlo...mi fece sorridere quella considerazione, perché aveva ragione ma io mi sentivo una schiappa con una gran voglia di finire l' ultratrail.
Per la via Lattea 2010 mi sarei quindi vestito al limite e il mio zaino sarebbe stato al limite del peso obbligatorio.
Tra l'altro nel 2010 il tracciato sarebbe stato percorso interamente rispetto all’ edizione ridotta 2009.
E il finale molto stuzzicante sarebbe stato dentro il Grand Hotel La Torre e l'ultimo piano di questo il traguardo, dopo aver percorso la rampa elicoidale dell’ albergo scalzi, in quanto all'entrata sarebbe stato obbligatorio togliersi le scarpe. E dopo 30km di gelo e neve il finale sarebbe stato un’incognita intrigante.
Decido di non usare le ghette usate lo scorso anno, troppo tempo per toglierle all'entrata
dell'hotel e decisamente un peso inutile in quanto la neve sarebbe stata abbastanza
battuta. Due paia di calzini come l'anno prima ,una scarpa leggera, più leggera dello scorso anno, 290grammi, un po’ rischiosa come scelta. Tuta da sci di fondo leggera da competizione con maglietta termica sotto; solo gilet da montagna senza indossare il pile, cuffia, scaldacollo, niente passamontagna, occhiali trasparenti per il vento e l'aria gelida, due paia di guanti leggeri, niente scalda mani e scalda
piedi, nello zaino niente giacca in gore-tex ma solo un piccolo guscio leggerissimo, quello che uso negli ultra trail estivi.
Ho pensato che non mi sarebbe servito comunque, anche se il timore di essere un pò troppo leggero l'ho avuto alla partenza.
Anche gli organizzatori, durante il controllo dello zaino sono rimasti perplessi, ma li ho rassicurati di conoscere la via Lattea trail e di essere un sopravvisuto finisher dell'edizione precedente.
Nell'edizione 2009 in classifica ero arrivato 119esimo, ma la grande impresa era già stata quella di arrivare alla fine.
Per l'edizione 2010 non avevo ambizioni particolari, volevo solo godermi quello spettacolo, anche perchè sei giorni prima avevo concluso la maratona di Firenze da pacer in condizioni di pioggia e freddo difficili e per 40 giorni mi ero allenato pochissimo, al massimo 40 minuti, anche se ai 4000mt del Perù.
Per cui non avrei potuto pretendere chissà che risultato.
Arrivo alla partenza alle 17:45, un quarto d'ora prima lo sparo d'inizio, poco prima
del briefing pre gara. Sereno, molto sereno, senza un briciolo di tensione. Avevo parlato con Lucia fino a 5 minuti prima al caldo del hotel.
Batto il cinque a quel campione di Matteo Ghezzi e mi chiedo quanto mi avrebbe dato in termini di tempo quel giorno.
Cerco in mezzo la folla Fabio ma non lo vedo, con lui una sana competizione negli ultimi trail che ci ha visti scalare ed arrivare vicini. Vedo Ilaria e Luciano e mi si riempie il cuore di gioia. Ricordo Ilaria all'arrivo
dell'edizione precedente.. aveva gli occhi lucidi come me e guardandoci più in profondità, aldilà del colore degli occhi mi disse: "ma non ti viene da piangere anche a te??hai visto che spettacolo emozionante?"
Luciano, invece, finisher di una lista lunghissima di ultramaratone e ultratrail, tra cui il Tour dei Giganti della prima edizione, il quale all’UTMB mi ha trasmesso coraggio con le sue parole prima dell'infernale
nebbia e gelo del Col Ferret. Luciano mi disse che per lui ero forte e che avrei potuto rendere di più giù quel giorno. Infatti dalla 600esima posizione passai al traguardo 112esimo, partendo la mia rimpnta proprio dalla discesa del Col Ferret.
Durante le ultra, sia su strada ma maggiormente nei trail, ogni incontro, ogni scambio di parola, ogni incoraggiamento, ogni sorriso, per esempio di un contadino o di un bambino, sono pezzi di
un puzzle di emozioni che assemblati diventano un’esperienza unica da rivivere nel dvd del proprio cuore; ogni esperienza, ogni incontro, ogni parola è un pezzetto di storia della nostra impresa.
Ascolto il briefing con le indicazioni sul percorso di gara e mi defilo nelle
retrovie, comunque non mi sento benissimo, ho sonno, tanto sonno. Sono mesi che dormo pochissimo!!
Partiti!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
365 sto correndo la Via Lattea trail.
I primi chilometri sono a velocità controllata, in compagnia di Nico Valsesia che fa l'andatura. Appena fuori dal paese, la strada si impenna come uno scivolo pieno di neve ed inizia la vera gara.
Mi accorgo subito di sentirmi leggero, notevolmente più leggero di quello che mi aspettavo .Inizio a superare perchè davanti sono troppo lenti; non voglio forzare ma sembrano davvero tutti fermi. Correndo sulle pendenze innevate senza nessuno sforzo noto che gli altri camminano. Si mettono dietro la mia scia un gruppo di ragazzi dell’ esercito, ma in un attimo li perdo, eppure mi sto controllando.
Mi sento leggero, potrei spingere di più ma la strada è ancora lunga.
La neve è meno dura dell'anno passato,fa meno freddo; invece che -27gradi sul Fraiteve sono previste
temperature all'incirca di -20 gradi....caldo africano direi.
La neve meno dura rende più difficile salire; si affonda e devo andare da una parte all'altra del sentiero per trovare neve più dura da calpestare. Quando la pendenza del sentiero innevato si riduce, riesco a correre
anche veloce.
Non ci credo. Sono notti che non dormo, prima in Perù, poi per quella matta dolcissima di Lucia e la sua Firenze.
Non pensavo di stare così oggi, quando scoppierò?
Via i pensieri negativi, in gare come queste bisogna avere pensieri positivi, non pensare al peggio. Il bello
è proprio mettersi in gioco ,mettere in gioco la propria forza mentale e la forza fisica, vedere come risponderanno entrambi allo sforzo nelle diverse situazioni della gara. E anche se crollerò, anche se non andrà per il verso giusto, sarà divertente scoprirmi, scoprire un altro pezzo di me in una situazione difficile. Ogni volta che corriamo verso una meta impariamo a conoscerci un po’ di più e non importa se e quanti
ostacoli ci troveremo in mezzo la strada, ma in che modo saremo in grado di superarli per arrivare alla meta.
Le stelle sopra la via lattea non sono luminose e addensate come l'anno passato ma il fascino è indescrivibile.
Al bivio della 10km con la 30km le lucine frontali dietro e davanti a me sono rade, molto più rade, in alcuni momenti penso di aver sbagliato percorso. Com’ è possibile? L'anno scorso erano
tantissime. Non è che sto andando davvero forte? Dov'è Fabio? Non è che sto esagerando?
Ad un tratto mi trovo davanti ad una lastra di ghiaccio che si impenna impazzita per decine di metri.
Vedo da lontano tre ragazzi che si accingono ad affrontarla scivolando all’indietro o di
lato, e mi ricordo le lezioni di ghiaccio da principiante di Marco a Punta Herbronner e urlo: "piedi a spina di pesce (come in "tecnica classica"), o spingete nel ghiaccio come se aveste i ramponi.!!!" Questi si girano e mi prendono per matto, poi mi
metto in testa al gruppetto che mi segue imitandomi timidamente e poco dopo siamo fuori dall'ostacolo.
Mi carico e li stacco tutti e tre e arrivo sul Fraiteve a 2700mt. L'anno passato non ci siamo potuti
arrivare per le condizioni pessime del tempo. Siamo sul punto più alto della corsa, fa freddo ma si resiste. Entro nel rifugio perchè qualcosa di caldo al volo ci vuole. Vedo una donna vicino a me...Giuliana .
Che ci fa qui? Si è persa?? Che ci faccio io qui!!!!!No no di solito mi da delle ore questa campionessa nel giro della nazionale di ultratrail, l'anno scorso mi ha distaccato di più di un’ ora, allo Scaccabarozzi di 2 ore, che succede? Scendiamo insieme
verso Sestriere.
Sestriere, mitico Sestriere.. quanti ricordi nel 2009 quando non c'ero mai stato prima. Quando volevo ritirarmi. Ora la parola ritiro mi farebbe ridere a crepapelle.
Là troverò tanta gente pronta a batterci le mani e tante luci affascinanti, non vedo l'ora di
arrivare. Scendo senza forzare con Giuliana e, arrivati a Sestriere al controllo pettorali, mi dicono che sono trentesimo.. trentesimo???l'anno scorso sono arrivato 119esimo!!!WOW!!
Sestriere sei bellissima ma...............s'è fatto tardi, ho il col Basset da scalare e ora sono
ancora più carico.
Inizia la salita e il mio proposito è di provare a stare con Giuliana. Ma la perdo subito senza neppure forzare. Non ci credo, la sto staccando!!!
Siamo lucine rade sulla salita, che mette a dura prova le gambe stanche e ora la neve non durissima che fa
affondare le gambe da molto fastidio. Vago da un lato all'altro del sentiero in cerca di neve sempre più dura.
Nonostante ciò la salita scorre via bene e, quasi verso la cima, incontro una donna, sembra avere un
viso conosciuto, deve essere anche molto forte se si trova davanti l'Arrigoni.
Ho sete, tanta sete, non ho riempito la borraccia a Sestriere,
Da qualche chilometro sono disidratato, sragiono, ho afferrato anche la neve per disperazione per metterla in bocca ma mi aumenta solo il caldo addosso; la neve non ha sali minerali per cui non toglie la sete, ti da
solo un senso piacevole di fresco in bocca.
Arrivo al Col Basset e al ristoro nel rifugio. Mentre mi attacco letteralmente alla bottiglia dell'acqua, la donna con cui ho scollinato prosegue senza entrare.
Quando riparto mancano pochi chilometri di discesa e la discesa è anche la mia specialità!!!Vado via proseguendo di forza tenendo il baricentro spostato in avanti per non perdere l'equilibrio; la discesa è
ripidissima e tutta di neve non troppo battuta; lascio andare le gambe e ora fanno malissimo, ma continuo a superare dei corridori.
Le luci di Sauze d'Oulx si avvicinano.Sto facendo una gara fantastica e me ne rendo conto sempre di più, per di più nella gara delle gare, quella che per 365 giorni ho aspettato.
Ogni tanto mentre proseguo nella discesa urlo a me stesso per tenere alta la concentrazione, per dirmi di tenere il baricentro in avanti dato che mi viene naturale spostarlo indietro e perdere l'equilibrio; per non deconcentrarmi urlo perchè una discesa così ripida se è presa forte è difficile, si affonda dentro la neve e si
diventa una valanga umana.
Arrivo in paese ed è quasi finita, oramai manca solo il Grand hotel che è un incognita.
Bellissima la passarella solitaria tra gli applausi della gente e tra le luci del paese da dove ero partito 4ore prima; ma quello che succede dopo è ancora più fantastico....il Grand Hotel La Torre.
Mi aprono la porta e...un sogno: centinaia di persone dentro l'hotel che gridano e fanno il tifo; Maurizio che al microfono annuncia il mio nome; mi tolgo rapidamente le scarpe e lascio i bastoncini accanto a queste ultime.
Poco prima un altro corridore aveva fatto la stessa operazione. Inizia una rincorsa tra noi, un gioco tra me e lui sulle rampe elicoidali dell’ Hotel mentre di sotto la gente ci guarda e fa il tifo e urla, mentre gli
applausi della gente ai piani mi carica. Sono scalzo. Ho appena corso 1000mt di discesa al freddo. Successivamente l'entrata al calduccio dell'hotel e la salita ai piani ha fatto diventare le gambe di legno
non reggendo al contrasto.
La rincorsa all'ultimo piano sembra non finire mai. Ma intanto me la godo tutta. E'una passerella.
Da dietro non arriva ancora nessuno. Perdo la piccola sfida tra me e il corridore con
cui ho iniziato la salita ai piani ma non importa.
Arrivo 19esimo!come??Avete tolto un 1 davanti???da 119 esimo 2009 a 19esimo???
Al tavolo del ristoro vedo sorseggiare un the caldo la campionessa del mondo di trail, Cecile Mora in persona!!!!ecco chi era la donna che avevo raggiunto sul Basset!!!!Non ci credo, arriva di solito 23 ore prima di me!!!Non riesco a contenere la gioia!!
Scendo e dopo 10 minuti vedo salire sulle rampe Beppe, il vincitore dell’Abbots way 2010 e gli urlo grida di incoraggiamento, ormai anche per lui è finita, non ci credo, Beppe
dietro di me???
Recupero le scarpe e i bastoncini al piano terra dell'hotel e la mia felicità si spegne per un attimo quando Ilenia mi chiede se avessi visto il suo fidanzato . "Ma come? "dico io..." Matteo non ha già fatto la doccia?"No, spero che non gli sia capitato nulla, si sarà ritirato e sta aspettando che lo portino all
arrivo. Ma sarebbe già lì se fosse successo.
Anche lei ha lo stesso pensiero ma continuo a ripetere che non può essergli successo nulla.
Di solito quando arrivo lui ha già fatto la doccia, mangiato, digerito e sta venendo a guardare gli arrivi di noi comuni mortali!!!
Dopo 17 minuti arriva Giuliana e arriva Matteo, dopo 35 minuti arriva Fabio...
365 giorni dopo quella notte magica,365 giorni dopo essere diventato un eroe della via Lattea 2009,mi sarebbe bastato arrivare e godermi quello spettacolo, del quale ho bisogno quando i momenti di tristezza ogni tanto mi assalgono lungo l'asfalto mentre vado a lavorare la mattina presto.
Mi sono presentato alla partenza tranquillo, sereno, senza aspettative...invece la via lattea mi ha regalato un'altra serata indimenticabile anche dal punto di vista sportivo, arrivando insieme o prima dei miti del trail.
Non sto nella pelle. La notte della via Lattea dormo solo mezz'ora, fra poche ore riabbraccerò Lucia dopo un bel po’ di tempo e questa volta quell'abbraccio sarà qualcosa di importante.
Rivivo ogni passaggio di questa impresa milioni di volte. senza scordarmi la neve, il cielo, le stelle, l'aria...è una serata di imprese come 365 giorni prima.
365 giorni per aspettare qualcosa di fantastico. La via lattea Trail.





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