lunedì 21 aprile 2014

Tor des Geants 2012 "la Porta per il Paradiso"

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Un silenzio assordante risuona intorno.
Gli occhi chiusi faticano ad aprirsi, come incollati da una patina fredda e semisolida.
Sento freddo dentro, un freddo paralizzante. Sì, sono come paralizzato.
FORSE SONO MORTO. FORSE è L’ANTICAMERA DELL’INFERNO, MA UN INFERNO NON INCANDESCENTE COME SE LO IMMAGINANO TUTTI, MA AL CONTRARIO, UN INFERNO GHIACCIATO, CHE GELA FINO A LACERARTI LA PELLE IN PIAGHE.
Sbatto gli occhi per provare a vedere, per sapere cosa sta accadendo attorno a me. Tento con le mani di toccarmi il viso ma mi sento come paralizzato dal freddo; il viso una maschera di ghiaccio e comincio a essere terrorizzato. Voglio urlare, piangere ma neanche quello riesco a fare. Tento almeno con le gambe di cercare un contatto col mio corpo: da quanto tempo sono qui? chi mi c’ha portato? Dove sono? Ma soprattutto.. cosa sta succedendo?
Quelle dietro la schiena sembrano pietre e sopra di me vedo tutto nero. Tutt’attorno è nero, è una notte fredda e buia. PIAN PIANO metto A FUOCO UNA LUNA SOTTILISSIMA, STILIZZATA, CHE RENDE LA NOTTE LEGGERMENTE ILLUMINATA E NEL CIELO COMPAiono STELLE.
, se questo è l’inferno, non è poi cosi male se ci sono anche le stelle. Mi accorgo che pronuncio frasi e pensieri senza senso, sto delirando, devo capire, devo rialzarmi , devo tornare a casa, sono nel panico. Inizio a muovere mani e gambe in maniera robotica e mi fanno malissimo, urlo per il dolore, mi fanno male le dita dei piedi e delle mani, ma soprattutto quelle delle mani. Sono tutto bagnato, coperto da una patina semiliquida …è neve .. questa è neve! E sta cadendo a fiocchi ….Dio che bella!!! Bella? Aiuto…tutto intorno è illuminato dalla luna e dalla neve ….Sono congelato e bagnato fradicio. Indosso il mio guscio giallo e sulla testa sento qualcosa di pesante… ah la frontale!! Allora stavo facendo un trekking! Da solo? Sotto la neve? Di notte? sono matto? La frontale non si accende, provo a spingere ripetutamente il tasto di accensione ma nulla. La prendo in mano e mi accorgo che è il vetrino è rotto e devo stare attento a non tagliarmi. Sto sanguinando dalla testa, che, col bagnato e la terra, pizzica tantissmo. E ora cosa faccio? Ho un cellulare?
Tocco le spalle e mi accorgo di avere uno zaino. Provo a tirarmelo via di scatto ,veloce,stupito ma al tempo stesso bisognoso di chiamare aiuto. Non viene via, non mi muovo, devo alzarmi, ma non riesco a mettermi in piedi. Trovo un chiusura di sicurezza al torace e la apro, in pochi secondi cerco la zip, la trovo e ci infilo una mano dentro nella maniera più disperata. Vestiti, ci sono vestiti, non c’è altro cazzo. C’è una bustina dentro, tiro fuori la roba non capendo cosa in realtà sia, la luce non è abbastanza per non confondersi. Con le mani provo a fare come farebbe un cieco, usando il tatto. Riconosco la mini pila che ho comprato poco tempo fa. Siiiiii. L’accendo e mi acceca gli occhi. Ho freddo. sto congelando. Se non chiedo aiuto, all’inferno ci finisco davvero. Sono vestito di giallo…. attorno ci sono pietre come avevo già percepito prima, sono un infinità di pietre e vedo alcune corde blu sopra di me. Non riesco a orientarmi, muovo la pila cercando di capire dove sono, quale strade sono percorribili, luci o segni di vita e quale possa essere una direzione giusta o per riconoscere qualcosa di familiare o che possa sembrare salvezza. Non capisco ….
Il cellulare…devo cercare il cellulare!!! Dai, se ho trovato la pila troverò anche il cellulare. Nel frattempo mi chiedo come mai abbia tutto questo materiale addosso, che ci faccio qui, una gara? Mah…Mentre rovisto per cercare il prezioso oggetto tele comunicativo….sento all’altezza della vita qualcosa che mi da fastidio.. qualcosa che punge, E’ una spilla, e fa malissimo…non riesco più a connettere ,a restare lucido…qui continua a nevicare e le mani fanno fatica a muoversi, faccio fatica a chiudere questa spilla. Mi accorgo improvvisamente di un pezzo di carta.. è un pettorale… allora è una gara! Si… ora ci siamo.. allora mi staranno cercando…continuo ancora a sanguinare dalla testa. 307….Tor des Geant. !!! Tor des Geants… ma come..?
Mi sono perso? Sono caduto sicuramente…. ma qui non passa nessuno? avrò perso il sentiero e qui come lo ritrovo? chi mi ritrova? Panico…Non trovo il cellulare. Devo andar via da qui, dal nulla che non riconosco, devo andar via con quel poco di energia che il freddo mi ha lasciato. Si ma dove… la strada è in salita, io non ho forze. Vedo dei segni bianchi e rossi, meno male.. almeno vuol dire che sono su un sentiero! Mi conviene scendere? Non ho tempo di ragionare… lassù sembra che la salita si fermi per cui potrò vedere dall’altra parte cosa vedo, perchè nella discesa dietro alle mie spalle non c’è una luce.. non scorgo nulla di amichevole. Ora ricordo, si, il Tor ! Ero con Fabio e Luciano poco fa…ma loro hanno continuato da soli?
La partenza stamattina è stata fenomenale, tutti con le mani alzate sulla musica di Bob Sinclar, poi Vangelis e Vasco Rossi…il Col dell Arp e il rifugio Deffeyes, il pubblico sui sentieri come al Giro d’Italia….o come allo stadio prima di un derby, le telecamere , gli elicotteri… contornato da uno scenario da paura…le risate con Fabio Luciano e Sabina…come si stava bene stamattina. Poi ricordo il Passo Alto dopo la piana del Deffeyes e ricordo le scarpe mi facevano malissimo!! Si è vero, ho sbagliato numero.. e Alessando me le ha portate alla base Vita Di Valgrisanche!! Piango…..Penso a quell’ abbraccio col mio amico, all’abbraccio con i colleghi venuti da Bologna al rifugio Deffeyes per incoraggiarmi….Lucy, mia mamma….piango ancora.
Poi cos’ è successo?? Sono arrivato alla base vita dopo 48km devastato per aver corso male….forse troppo piano e con le scarpe strette e mi facevano male le anche, i glutei, la schiena, le piante dei piedi. Nemmeno le scarpe rodate che Alesando era andato a prendere con 2 ore di viaggio avevano fatto il miracolo!! Ero partito già con un virus intestinale, debole e con la pressione bassa…ma parlare, ridere e condividere quei posti meravigliosi con Luciano e Fabio mi aveva fatto dimenticare il mio stato. Allora è vero che la testa può influire sulle condizioni negative, anche se fino a un certo. Allora è vero che se tu non pensi a un dolore o a una situazione negativa …quella stessa non ti sopravvale immediatamente?
Mangiamo e ci cambiamo….al ristoro c’è di tutto, scatolette di tonno, uova, affettati, pasta, dolci…caffè, thé, Sali minerali….barrette, frutta fresca, secca. Che spettacolo! Un ragazzo dell’organizzazione ci chiede se vogliamo dormire o fare la doccia ,noi rispondiamo che vogliamo solo cambiarci e ci porta in una stanza semibuia. I miei compagni di viaggio hanno deciso di aspettare che il mio amico Alessandro arrivi con le scarpe di salvezza..anche se ci vorranno ore. Mi tocca il cuore…si ricordo….piango ancora….dove sono Luciano e Fabio???
Quando ripartiamo alle 23:30 abbraccio forte il mio migliore amico venuto da Vercelli apposta per vedermi e io che per colpa di queste scarpe non gli potrò dedicare neanche un minuto per ripagare i miei compagni di viaggio dell’attesa durata due ore. La notte è fredda , ma non troppo e non nevica. Allora perché ora nevica e fa tanto freddo? Perché prima c’erano tante persone sul percorso e ora nessuno??? Ricordo che dopo il Col Fenetre non riuscivo più ad andare neppure in discesa e sulla salita dell Entrelor mi sono ritrovato solo. Si, solo e avevo il cuore che batteva all’impazzata.. avevo paura che scoppiasse, non respiravo. Facevo 50mt di dislivello e poi mi fermavo…poi ne facevo solo 10 e mi fermavo 5 minuti, ma poi il fiato era sempre cortissimo e ho deciso di ritirarmi. Il punto ristoro per ritirarmi era lontanissimo e ho dovuto raggiungerlo scollinando i 3000mt. Ma non nevicava….Sarò mica ancora sulla salita del colle Entrelor e tutti si sono dimenticati di me? Che giorno è? Il mio orologio mi dice che è giovedì… nooooo… qualcosa non torna allora… su dai che qui sennò ci rimango come l’uomo di Similaun…
Mi tiro su di peso sulla corda azzurra, sono stanco oltre al freddo che mi congela, ma la forza di sopravvivenza ora mi da nuove energie, quelle che durante la gara invece non trovavo . Scivolo sul bagnato, fortunatamente la neve non ha coperto tutta la strada.
Piano piano ripensando e facendomi mille domande, provando a ricordare oltre il vento che si alza sempre di piu… forse siamo in vetta…e se per scendere cado? Qui stavolta sono cavoli…
Vedo qualcosa a pochi metri. Salgo su un po’ con le mani anche se con la mia minipila non si vede nulla. Sono su. La neve rende instabile il passaggio, sembra una porta verso il Paradisio non verso l Inferno ma è cosi piccola che bisogna stare attenti a dove si passa., “Alta via numero uno Col de malatrà m 2925 Courmayer 5h” Cosa????? Sono salvo!! Lucy ricordi che eravamo qui quest’ estate?? Dai dai!!! Il mio Tor sta finendo….all’improvviso mi sento vivo..laggiù, da qualche parte, c’è il rifugio Bonatti e chi si ritira ormai.. sto per concludere il Tor des Geants…..fra poco sarà mattina e io sarò nella piazza gremita di gente…e chissenefrega del freddo!!! …ci penserò dopo se prendo una polmonite. Guardo il silenzio imbiancato sulle pietraie del vallone di Malatrà…Quello che un attimo prima sembrarti l’inferno, rialzandoti numerose volte mentre continui a cadere e con le ferite addosso, può improvvisamente e clamorosamente trasformarsi nella porta del paradiso, in una vittoria inaspettata. Quando pensi di avere perso la strada e di aver finito tutto ..tutta la tua vita…rialzandoti e lottando puoi cambiare le cose e magari non sono cosi tragiche come ti sembravano quando eri a terra. Courmayeur e la mia vita ORA mi aspettano.
D’improvviso di nuovo il buio. Sono di nuovo steso a terra. Ho la bocca arsa ma non ho più freddo. Ma come? Dov ‘è la valle del malatrà? Mi alzo di scatto questa volta e batto forte la testa da qualche parte. Panico. Nessuna luce della luna, delle stelle, della neve. Cosa cavolo succede?? inciampo su qualcosa e sparo un imprecazione….sono scarpe…infatti sono scalzo. Tocco attorno a me le pareti….no no no.. dove sono ora? Arrivo ad un interruttore e accendo la luce. Questa è camera mia. La borsa gialla del tor buttata sul pavimento, vestiti sporchi, scarpe, un disastro totale ..ma quello che più mi getta nel panico è che mi chiedo che ne è stato del Tor. stavo per arrivare, ero cosi felice e invece eccomi qui, come un topo in gabbia.
Accedo tutte le luci di casa e accendo il pc…..Tor des Geant…. gara momentaneamente sospesa per neve… è mercoledì 12 notte e io sono al caldo di casa mia…ma io vorrei essere al Tor. Ora ricordo…sono arrivato sul Col dell Entrelor….ma alla fine della discesa sono salito sul pulmino e mi sono davvero ritirato. Non sono neppure riuscito ad arrivare almeno a Cogne, passando dall’amato col du Loson…ma non ce la facevo.. non ce l’avrei fatta…spesso non pensare alle condizioni negative può allontanarle momentaneamente ma quando si sommano e arriva il freddo o il sonno…il conto arriva tutto insieme ed è salato e se hai portato al limite un fisico che non doveva neppure partire, ne paghi le conseguenze, conseguenze che si trascineranno per mesi. Per cui non ho rimpianti. Sfidare le condizioni negative esterne e interne è da grandi, è da GIGANTI, perché prima o poi le sofferenze possono mutare il loro corso e l’ inferno può diventare il paradiso. Ma è altrettanto vero che essere GIGANTI vuol anche dire sapersi ascoltare, non portarsi allo stremo mettendo così in pericolo la propria. Essere GIGANTI vuol dire anche ragionare e respirare da GIGANTI.
Ho sognato di essere sulla porta del Paradiso del Tor des Geants. L’ ho solo sognato ….per questa volta. Prima di mettere quel pettorale non era un mio desiderio estremo finire il Tor des Geant ma l’ennesima sfida impossibile. Dopo essermi infilato quel pettorale e aver respirato l’aria Tor, dei suoi partecipanti….spettatori e volontari.. dei suoi prati e delle sue vette…è diventato anche un sogno. Risvegliarsi è stato terribile, umiliante per me stesso e per la mia autostima.. per la voglia di arrivare al rifugio Sogno a Gressoney, poi al Malatrà. Si, le delusioni si devono trasformare in energia positiva invece di spegnere i propri sogni e la propria vita, annullandosi davanti a un pc. seguendo la gara da lontano..….e sorrido di ammirazione per tutti i Giganti che hanno concluso il loro viaggio. Un viaggio. E sembra retorico e banale scriverlo, ma è un viaggio dentro se stessi che assomiglia al viaggio della vita. Inseguendo i propri sogni, grandi o piccoli che siano, ma con determinazione, tenacia, coraggio … razionalità e follia in dosi equilibrate ….. si perché i sogni si conquistano spesso con una buona dose di FOLLIA.








ECO TRAIL de Paris 2012

Il cielo sopra Montematre assomiglia a una schiuma di champagne di stelle attorno al sorriso stretto intenso ed elegante della luna. Parigi: il fascino romantico dei locali sulla collina del Sacro Cuore, delle insegne luminose lampeggianti e trasgressive di Pigalle, come il famoso Moulin Rouge. Qui le strade hanno il sapore di storia di Impero Francese, di Napoleone e del Re Sole, di teste rotolate in Place de Concorde, della rivoluzione di Robespierre e Danton, di caffè nei quali Heminguay e altri artisti si ritrovavano a conversare la sera. Parigi odora di arte antica e moderna, di calici di bordeaux ed escargot nelle viette di Marais e di profumi di crepes , croissant e baguette che escono dalle boulangerie.
La torre Eiffel è il simbolo di questa di città e probabilmente di tutto il paese. Progettata dall‘ingegnere Gustavo Eiffel, il quale progettò anche la struttura interna della statua della libertà a New York,;coi suoi 324meti, per molti anni è stata la struttura più alta del mondo ,costituita da 3 piani raggiungibili mediante 1665 gradini o i più comodi due ascensori.
Sabato mattina, dopo una colazione a base di cappuccino e croissant nella patiessere vicina al piccolo hotel in zona Les halles, io e Lucy ci dirigiamo verso la metropolitana. Dobbiamo raggiungere le nostre rispettive partenze,lei Versailles per la 50km e io a Saint Quentin per la 80km. La nuova sfida si chiama Ecotrail de Paris. Quando mi ero iscritto a Dicembre ero un po perplesso: 1500 mt di salita a Parigi?ma dove? Dove sono le montagne? Stessa osservazione degli amici con i quali ho parlato poco prima di partire. La grande spinta per iscrivermi quattro mesi prima era stata che l'arrivo della mia gara fosse sul primo piano del simbolo di Parigi, sulla Torre Eiffel, che avrei raggiunto dopo il tramonto, e quindi tutta illuminata.
Il giorno precedente eravamo stati sulla torre come turisti, un'oretta di fila per accedervi, in ascensore, sovrastati da un cielo azzurrissimo e un caldo imprevisto . Tre anni prima ero salito lassù con mia mamma.
Dal secondo piano la vista in lontananza scorge la Basilica del Sacro Cuore, il quartiere della Defense, la cattedrale di Notre Dame,il grattacielo Montparnasse Sotto di noi i verdi Champ de Mars, dove avrà fine la fatica Lucy il giorno dopo, il Trocadero, l’hotel des Invalides ,l'Arco di Trionfo, la Senna e tutto il resto della città. Guardando dalla parte sud ovest mi concentro sul verde dei boschi che si estendono fino a sparire dallo sguardo. Il giorno seguente in mezzo a quei boschi avrei lasciato il mio felice sudore. Proprio di fronte alla struttura di ferro imponente, su Quai Bradly, lungo la Senna, gli organizzatori avevano allestito il tendone per il ritiro pettorali . Ottime le operazioni di consegna e di comunicazione e informazione. Una ragazza italiana che studia in Francia ci accoglie e ci toglie qualsiasi dubbio traducendo le nostre domande agli organizzatori. Dopo aver fatto un giro tra gli stand degli sponsor siamo spariti per gli Champs Elysee per una passeggiata romantica. Dopo 24ore saremmo stati di nuovo li su Quai Bradly. In metro verso le nostre partenze attraversiamo il dipartimento dell’Alta Senna ed entriamo in quello di Yvelines. Lucy è tesa, è il suo primo trail di una distanza importante, alcuni trailer ridono in fondo al vagone spensierati, altri mascherano la tensione parlando tra loro mentre quelli intorno a noi, vestiti super tecnici alla Kilian Jornet, guardano fuori dal finestrino seri e forse con la stessa preoccupazione di Lucy.
Cinquecento anni prima il Luigi XIV, il Re Sole, fece lo stesso viaggio sulla sua carrozza sfarzosa. Per sottrarsi alla città allora scomoda, sporca, rumorosa, stretta, inquietante , in cui muoveva i primi passi il fenomeno de “la fronda”, una sorta di movimento insurrezionale di ribellione sociale, decise di spostare la monarchia a Versailles.
Lucy partirà proprio a pochi passi dalla reggia, che in principio era stato solo un capanno di caccia del predecessore del Re Sole.
Passa mezz'ora e Lucy e i suoi compagni di avventura col braccialetto arancione di riconoscimento ci abbandonano. Sono solo le 9 e manca un'ora e mezza alla loro partenza.
Rimaniamo solo ,quelli con il braccialetto rosso,cioè i trailer della 80km ,il treno rimane semivuoto anche perché è abbastanza presto ,noi partiremo a mezzogiorno
All'uscita della stazione sono già pronti 2 pullman ad aspettarci, per portarci a una decina di km di distanza ,alla base regionale de Loisir di Saint Quentin.
Il posto è stupendo, anche se ci faccio caso a malapena in quanto sono impegnato a pensare alla logistica, a cercare il deposito borse, a fare la fila per i bagni e pensare a come vestirmi.
E’ caldo, più del previsto, e non importa se arriverò col buio, perché starò correndo con uno zaino sulle spalle di 2 o3kg.
Ci sono i tendoni del circo sul prato del golf club che fa parte di quest'oasi dove i parigini staccano la spina nelle belle domeniche di sole. Si può andare a cavallo, fare vela o nuotare nel lago,passeggiare, stendere il plaid per il picnic, andare in bicicletta o correre come nel giro di poco avremo fatto noi.
Qui cinquecento anni fa non c’erano che paludi e zanzare . “Il più triste dei luoghi, senza vista, senza boschi, senza terra, senza acqua, perché tutto è sabbie mobili e palude”, narravano i cantori di allora.
Poi con la costruzione del capanno da caccia, che diventerà pochi anni dopo la Reggia famosissima, il territorio fu bonificato e reso una tenuta di caccia elegante prima e oggi un bellissmo luogo di svago e natura.
Cinque secoli dopo 2000 trailers, armati di zainetto con camel bag si apprestano a spaziare per le antiche tenute della monarchia a caccia non di prede, ma di se stessi.
Il materiale obbligatorio che ci potrà essere controllato consiste in una riserva di acqua di almeno un litro e mezzo, una riserva alimentare, il telefono cellulare,la coperta di sopravvivenza, una lampada frontale con pile di ricambio, un braccialetto riflettente, un bicchiere pieghevole per bere ai ristori, un sacchetto in cui riporre i rifiuti, per non sporcare l'ambiente in cui correremo.
Mi era sembrato un po' esagerato un litro e mezzo di acqua anche se la gara sarebbe stata di semiautonomia, cioè con pochi ristori idrici e alimentari,2 più uno solo di acqua in 80km. Ma il mese di Marzo non è Agosto per cui mezzo litro pensavo sarebbe stato più che sufficiente. Stesso pensiero che per partire più leggeri abbiamo fatto in molti.
Incontro Maurizio, Massimo, alcuni altri italiani con cui parliamo e ci confrontiamo per un po', si scherza, chiedo: "ma dove sono le salite? io venendo in qua non le ho mica viste” e Massimo: "Io l'ho fatta l'anno scorso, vedrai che te ne accorgi se ce n'è o no di salita, non partire forte, il primo tratto è molto veloce ma se ti rimane dell'energia dopo ti servirà tutta”.
A mezzogiorno in punto si parte,con la solita allegria e spensieratezza e, la solita emozione,che ti sa regalare lo sparo dello start di qualsiasi gara. Il gruppo sembra essere partito per una 10km su asfalto, si va a 4’ al km, “questi sono matti” penso.
Dopo un km diminuisco la velocità e li lascio andare. Siamo in 2000 e ci si spinge, si lotta coi gomiti per la propria fetta di strada e per fortuna i sentieri attorno al lago sono abbastanza ampi. Fa caldissimo ma non mi preoccupo. La borraccia è piena e il primo ristoro sarà dopo 22 km ;abbastanza veloci, con qualche piccolo strappetto, a Buc, prima dell'altopiano di Saclay.
Si corre un po’ sull'erba verde intenso del campo da golf attorno al lago del paese omonimo, Saint Quentin, poi dentro i boschi della foresta demaniale di Versailles. Uno vicino all'altro, dove superare diventa un ardua manovra e il caldo si fa sentire sempre di più km dopo km, anche se l’acqua nella borraccia cala in modo graduale.
Tantissime famiglie ci applaudono, i bambini ci chiedono i 5 con le mani, sono venuti lì in bicicletta, a piedi, per trascorrere una giornata di relax nella natura, in un'oasi di immensa grandezza a pochissimi passi dall'asfalto e dallo smog del capoluogo francese.
Al ristoro di Buc siamo solo a un quarto dell’opera, sono passate un paio di ore e sono sciolto dal caldo. Bevo un sorso di coca e riempo la boraccia. Ci vorranno altri 24 km prima del rifornimento successivo. Mangio la mia barretta e riparto. Sto bene. Da qui il percorso dovrebbe essere più duro, le salite più lunghe e con maggior pendenza.
Corro sulle prime salite, mentre qualcuno già cammina. Andrea da casa mi comunica che sono 460esimo.
Sono perplesso. O sono più schiappa di quello che pensavo e sto facendo fatica correndo a vuoto oppure gli altri avanti sono dei marziani o sono partiti troppo forte. Non è poi così importante.
Ho la Torre Eiffel che mi frulla per la testa. Siamo a qualche km in linea d’aria dalla maestosa reggia di Versailles che ho vistato 3 anni prima, l’antica residenza reale con un parco di 800ettari di cui solo 300 di bosco.
Le salite continuano ad alterrnarsi e il caldo ora non lo sopporto più. Continuo a sorseggiare la borraccia mentre i km non scorrono più velocemente come prima. I trailer cadono come birilli, sulle salite e anche nei falsipiani, camminano mentre io continuo a correre ma a 13 km dal secondo rifornimento finisco l ‘acqua. Leggo gli sms di mamma e papà che da casa fanno il tifo per me e Lucy. Ora cammino. E’ un giramento di testa, un'arsura di pensieri, di gola e di gambe. Abbasso i booster. Guardo intorno alla ricerca di acqua, una fontana, un chiosco di bibite, una bottiglia nelle mani di qualche spettatore. Niente. Niente di niente. Cammino . Guardo gli altri trailer e anche loro sono stravolti. Chiedo acqua e mi rispondono che non ne hanno più. Osservo i laghetti e mi viene la tentazione di prosciugarli. Eppure siamo nel mese di marzo non in agosto e non siamo nel Sahara ma nei dintorni di Parigi!!! Chiamo Andrea che mi sta seguendo dal sito della corsa: “mi sono messo a camminare,qui è un caldo pazzesco, ho finito l'acqua, non c’è nemmeno una mezza fontana e mancano ancora 12km al rifornimento!!!Non voglio deluderti” mi risponde: "vai Gianlu, vedrai che ti riprendi, stai andando bene! qui ti stiamo seguendo e lo faremo fino alla fine!”. Dagli sms del mio amico i primi hanno già passato Medoun da poco.
Sorrido e a tratti riprendo a zampettare.Siamo nella foresta demaniale di Meudon , la tenuta preferita dei re per cacciare data la moltitudine di animali presenti.
I km di arsura non scorrono mai, sono quasi le 4 di pomeriggio e so che fra poco l'aria si rinfrescherà di brezza della Senna. Calpestiamo il prato di Vallacoublay costeggiando i laghi di Medoun, Chalais e Villebon, ma ancora neanche l'ombra di una goccia d’acqua potabile.
Finalmente arriva il km 45. Entro dentro credo un cimitero e da 2 fontane esce l'acqua più buona e più fresca che io abbia mai bevuto. Mi bagno la faccia, bevo fino a scoppiare fermandomi almeno 5 minuti.
E’ troppo bello udire anche solo il suono dell'acqua che scorre, guardarla, odorarla,quando l'hai sognata e desiderata per molto tempo. Riparto con lo stomaco stracolmo e salendo sui gradini del paese ne rimetto fuori una parte.
I primi 4 sono già al 67esimo km, ma come fanno, volano????
Dopo un km siamo al rifornimento ufficiale di Medoun, fiancheggiando l'importante osservatorio astronomico che costituisce parte di quello di Parigi. Ora siamo passati nel dipartimento dell'Hauts de Senne. Inizio a connettere di nuovo ma per le gambe ci vorrà un po' di più per riammorbidirsi dopo la disidratazione.
Il prossimo obiettivo è il km 55 di Chaville, dove è posto il ristoro alimentare! Porsi piccoli obiettivi senza pensare a quello finale risulta determinante delle volte, un passo dopo l’altro, poi un altro ancora e tutto diventa più semplice. Al 47esimo km troviamo una postazione dove alcuni addetti dell'organizzazione fermano i trailer a campione per controllare il materiale obbligatorio nello zaino. Se qualcosa fosse mancato sarebbero scattati tempi di penalizzazione per il trailer in fragrante a seconda del tipo di oggetto mancante o addirittura l'immediata squalifica. Squalifica che sarebbe scattata secondo la carta etica firmata il giorno precedente, sia se fossimo stati sorpresi a gettare rifiuti per terra o non soccorrendo un altro trailer in difficoltà o chiaramente tagliando parti del percorso.
Pochissimo asfalto e si cambiano le foreste da un distretto all’altro. Parigi mi sorprende positivamente, i polmoni della città sono infiniti, non passa mai la voglia di correre nella natura incontaminata, vicino a strade asfaltate a pochi metri, nascoste egregiamente dai rami degli alberi.
Al ristoro del 55esimo ritrovo Massimo che mi dice che anche lui è stato bloccato dal caldo e le gambe non girano più. Lo rincuoro e ripartiamo.
La borraccia è piena, sono le 17:30 e l'aria è quasi perfetta. Andrea mi scrive che a Sevres sono passati in 17.
Mia mamma mi rincuora via sms e mi da la posizione di Lucy. Chissà se lei è già arrivata, se sta bene, dove sta in quel momento.
Incomicio a riprendere decine di trailer che corricchiano o addirittura camminano. E su ogni salita io continuo a correre bene mentre anche quelli che corricchiavano si mettono al passo.
Salgo i gradini del palazzo di Chaville sempre correndo, tra gli applausi e vedo la Torre Eiffel. Mancano 20km ma la torre Eiffel è visibile. Sembra lontanissima,penso che sia impossibile che la distanza possa essere di solo 20km, però la sento anche vicinissima. Prima di allora non si era mai vista quasi si fosse nascosta, come una bella signora quando si prova un vestito elegante. E il suo vestito elegante per la sera pieno di luci colorate è già nella mia fantasia.
Sorrido, mi volto numerose volte guardandola e scusandomi come un gentiluomo quando il percorso me la mette alle spalle.
Scrivo un sms ad Andrea: “Mancano 20km,sto bene, ho bevuto e ora li vado a prendere tutti”
Di quelli che sono partiti troppo forte o che il caldo ha rintronato in modo significativo, ne supero a decine. Andrea mi risponde: “dai Gianlu, ora sei 150esimo, che rimonta che stai facendo!”
Ormai sono l'unico che corre sulle salite di media o piccola lunghezza o sugli scalini, è fresco e il sole ci sta salutando piano piano sparendo dietro l'orizzonte.
Arrivo all’ultimo ristoro idrico al km67. Vedo Parigi. Rivedo la torre mezza illuminata. Ho voglia di ripartire subito, di infilarmi tra le stradine della città prima che venga il buoi completo che mi costringerà a tirare fuori la frontale dallo zaino.
Scendo dalla collina di Sevres fino a alla Senna e ora sono nella periferia della città.
Sto bene, le gambe girano, a tratti faccio i 4’30’’ al km e mi impongo di rallentare,perché voglio arrivare col sorriso. Si scende e si sale e poi di nuovo dai gradini lungo la Senna, supero altre vittime che non corrono più, la Torre è sempre più vicina e la bella signora si è finalmente cambiata e ora indossa l’ abito di pailettes di luci. Osservo con discrezione all'altezza del suo ombelico, il primo piano, dove è posto il mio arrivo. Penso preoccupato: "quando arrivo sotto non è finita, chissà quanti gradini mi aspettano, chissà quanta fatica ci sarà ancora da fare?!".
Passò la Statua della libertà e ci sono quasi. Mia madre continua a mandarmi sms di incoraggiamento. Finisco l'ultimo sorso di acqua e vedo lontano la folla di fronte al Quai Bradly. La bella signora lampeggia impazzita di luci gialle e blu ,segno che sono esattamente le 20.
Come farò a passare in mezzo a tutto quel caos di gente? Risalgo gli ultimi gradini dell'ultimo ponte, il Pont d’Iena e devo scansare i turisti con le braccia. Un addetto dell'organizzazione mi fa attraversare e ora sono sotto di LEI. Dove devo andare? Vedo il mio percorso: è transennato, tutto per me e senza nessun turista che mi intralci, anzi, sono 200mt in cui gli spettatori, la gente incuriosita e quelli che stanno facendo la fila per salire applaudono fragorosamente ai lati. Emozione, batticuore a mille. Vedo Lucy. Non so se fermarmi, darle un bacio,scavalcare le transenne o accarezzarle solamente il viso. Scelgo quest’ ultima mentre mi dirigo all’entrata del Pilone est. Ci sono 2 uomini ai lati della porta, uno per darmi il biglietto di ingresso come fossi un turista normale e un bodyguard in smocking che mi controlla lo zaino secondo le norme antistrage. Subito dopo entro e sono solo gradini. Quattro minuti interminabili, misti di fatica, eccitazione, sensazioni di ali ai piedi, emozione, salgo i gradini a due a due. Sto benissimo, potrei ancora fare un'altra trentina di km se volessi……ma……..ma non voglio, si fa solo per dire!!!!uno della sicurezza mi sorride e mi dice: “still a few steps” penso:”Few??? quanti sono few? ho il cervello annebbiato”. Dopo pochi secondi realizzo: “few, pochi, ancora pochi gradini!”. Non faccio in tempo a pronunciare queste parole che vedo l'arrivo. Non so perché mai la gioia che ho provato in quel momento sia stata maggiore dell'arrivo più duro, più avventuroso, più devastante, l'arrivo dell'UTMB di 166km, ma la gioia è un emozione,è un'alchimia strana e non la puoi controllare o spiegare razionalmente. Salto in alto sulla scritta “arrivè” e apro le braccia come se avessi vinto. Ci sono gioie che arrivano inaspettate e in quel momento non smetti di ridere quasi fossi pazzo, non tanto per la prestazione sportiva, anche se pensandoci negli ultimi 30km ho superato 362 persone arrivando al 98esimo posto,non per la lunghezza o la durezza del percorso, ma per tutto l'insieme, per il fascino che una corsa sa regalarti, nel sentirti nuovamente vivo ed essere contento di esserlo quando per mesi ti sentivi morto dentro, di respirare aria nuova nella magia di una notte di schiuma di champagne di stelle sopra il cielo di Parigi.



sabato 19 aprile 2014

Correre è un po come volare - UTMB 2011


Correre è un po’ come volare.
Un uomo di 58 anni con la barba grigia, senza il fisico tirato da atleta bionico pieno di muscoli, tagliava il traguardo nella piazza principale di Chamonix con atteggiamento modesto e sorriso timido, quasi si vergognasse di avere tutte quelle attenzioni per sé.
Quell’ uomo aveva appena vinto l’UTMB, una corsa attorno al Monte Bianco, di 166 km e 9500mt di dislivello, attraversando Francia, Italia e Svizzera, con partenza e arrivo nella città di Chamonix, in poco più di 20ore. Il mio sogno inizia in quell’istante seduto sul divano di casa mentre il TG5 dava questa straordinaria notizia.
Non avrei mai pensato che esistesse una corsa così dura e lunga, per di più arrampicandosi sui sentieri di montagna.
Era il 27 Agosto 2006.
Alle 23:15 del 26 agosto 2011 sono in piazza Place Triangle de l'Amitié a Chamonix
Piove,piove tremendamente e fa freddo.
Indosso capellino antipioggia, la magic jacket gialla sotto la quale ho la maglia degli Iz, nelle mani congelate stringo i bastoncini, indosso pantaloncini corti e sulle spalle lo zainetto idrico. Booster, calzetti e scarpe Salomon sono già diventati umidi. Cosa ci faccio 5 anni dopo quella notizia vestito a quel modo? Non sono ancora sul divano nè sono uno degli spettatori. Sì, è incredibile .Sono un trailer dell’Utmb.


Marco Olmo, 5 anni prima, tagliando il traguardo con aspetto ancora apparentemente fresco, sembrava con la semplicità della sua persona aver reso più umana, quasi facile, una prova fisica sulla carta per me impossibile. Vincere. Nessun italiano negli anni a venire si sarebbe avvicinato a ripetere quel risultato. Un atleta che ha fatto del deserto il suo terreno ideale, come per me da qualche anno il sentiero, o trail detto all’ americana, la montagna che trovo molto più dell’asfalto il terreno ideale dove vivere esperienze indimenticabili.
“A me piace correre. E correre nel deserto è la cosa più immediata che ci possa essere. Il deserto era lì prima del tartan e delle strade di New York, quindi una corsa nel deserto è più naturale della New York City Marathon”. Questo è ciò che afferma l’uomo di Robilante, Marco Olmo.


Correvo da due anni e la 100km del Passatore, che avevo finito già 2 volte, quella che da Firenze porta a Faenza per le colline tosco romagnole, partendo alle 15 dell’ ultimo sabato di Maggio, di conseguenza con temperature elevate, scollinando il passo della Colla verso Faenza, col buio e il fresco delle notti primaverili, mi sembrava già un’impresa pazzesca. In seguito scoprirò l esistenza di corse pazzesche, bizzarre, dure, sfiancanti, anche più lunghe dell’UTMB, ma nessuna come quella gara avrebbe avuto su di me lo stesso fascino,la stessa importanza.
E’ un buio freddo in Place Triangle de l'Amitié. Ammassato tra trailers e spettatori di fronte la chiesa, ho una miriade di corridori avanti a me. Non ho idea di quali scenari, quali diluvi si stiano scatenando sopra le montagne. D’altronde se la partenza della gara è stata posticipata di cinque ore la situazione non sarà delle migliori. Mentre immagino la situazione sulle montagne l'unica cosa che posso vedere ora è la tanta pioggia gelata che viene giù. Chamonix è tanto fredda questa notte. Siamo a fine agosto e il display della farmacia indica 10 gradi. In più piove, piove forte e ho freddo. E siamo solo a 1000mt.
Le ore che precedono la partenza senza avere notizie certe, turbate dal dubbio se la gara si svolgerà o meno o che il ritardo della partenza di 5 ore non sarà solo un modo per poi sospenderla definitivamente.


Il temporale in montagna non è un fenomeno piacevole da trovarsi ad affrontare. Figuriamoci di notte sulla cima di una montagna a 2000mt mentre si corre da ore ed ore e con altrettante interminabili ore davanti.
Durante l’estate in montagna le condizioni atmosferiche possono cambiare in maniera repentina, prendendoci alla sprovvista. Bisogna quindi stare attenti all’evoluzione metereologica portandosi un adeguato barometro-altimetro anche durante l’escursione. In ogni caso, è bene non farsi trovare impreparati. Un forte calo nella pressione atmosferica è il più delle volte un chiaro segnale dell’avvicinarsi di un pericoloso temporale.. I temporali si sviluppano in prevalenza al pomeriggio.
Considerato il frequente rischio di temporali in montagna, è bene conoscere alcune norme per cercare di ridurre il rischio d’essere folgorati da un fulmine. La più ovvia? ascoltare con attenzione le previsioni del tempo prima di partire per qualsiasi escursione o arrampicata. Il numero di temporali in montagna è maggiore nelle ore pomeridiane e serali ed è quindi consigliabile mettersi in cammino di mattina, molto presto se l’escursione è lunga, cercando di rientrare il prima possibile.
Ogni fulmine cerca la via più rapida e breve per scaricarsi a terra e per raggiungere l’obiettivo il fulmine sfrutta quindi, il più delle volte, gli oggetti elevati. E’ opportuno evitare le creste e le cime delle montagne. Un fitto bosco non è di per sé a rischio fulmini, avendo comunque l’accortezza di non appoggiarsi ai tronchi. Ciò che invece costituisce un rischio reale è ripararsi sotto un albero ISOLATO specie se particolarmente alto in quanto può trasformarsi in un parafulmine.
Come regola generale è bene evitare d’essere  l'unico oggetto verticale in uno spazio aperto e vasto.
È una buona idea spegnere completamente i cellulari se possibile staccando le batterie. In mancanza di un riparo, bisognerebbe allontanare gli oggetti metallici specie se acuminati come ramponi o chiodi da roccia ma anche catenine, anelli, bracciali ecc.; l’ideale è lasciare tutti questi oggetti in uno zaino da tenere lontano da noi almeno qualche decina di metri. Gli oggetti metallici di per sé non attirano i fulmini, a meno che non sporgano vistosamente dallo zaino, come può accadere per ombrelli, bastoncini, piccozze, sci, ecc…, ma tenerli lontani perché sono buoni conduttori e possono provocare gravi lesioni o ustioni da contatto. I bastoncini in carbonio quindi sono maggiormente pericolosi piuttosto che quelli in alluminio.
Mi chiedo nuovamente che cosa stia succedendo sulle vette più alte se qui diluvia? Non vorrei diventare un bersaglio facile per un fulmine,vorrei vivere tante altre esperienze se Dio vuole.
Ho freddo. Mamma e Lucia mi hanno salutato da pochi minuti. Mi sento spaesato. Non sono stato bene in questi ultimi mesi, mi sono allenato col contagocce. Ieri sera ho mangiato una pizza schifosissima con del prosciutto così salato che ancora dopo 24ore mi ha tolto la salivazione. In più nella notte precedente ho dormito con la finestra aperta e al mio risveglio raffreddore e un principio di influenza mi hanno rovinato le ore precedenti questa corsa, la più difficile e lunga della mia vita.
A cosa serve stare attento ad alimentazione, comprare i materiali più efficienti, le scarpe performanti, fare allenamenti mirati e poi fare tante cagate tutte in una volta?


Il mio rapporto con la montagna è sempre stato fin da piccolo di grande passione, complice i miei nonni, i miei genitori, in particolare nonno Learco, con il quale camminavo ore ed ore per boschi e crinali del Corno alle Scale a cominciare dagli 8anni; per poi proseguire con le gite domenicale alle vicine Dolomiti, Marmolada, Cortina, Val Gardena…
Da piccolo avevo una passione smodata per la geografia, restavo per pomeriggi interi a consultare l’atlante e a fantasticare viaggi immaginando prima di essere in un deserto e poi ai piedi di un monte.
Quando andai per la prima volta in Valle d’Aosta ero emozionato, finalmente mi sarei trovato di fronte i monti, i fiumi e le cascate di cui leggevo solo il nome quotidianamente sulle pagine dei libri. Quando dal sedile posteriore della Uno di mio nonno vidi le prime montagne innevate all‘orizzonte pensai di avere di fronte il Monte Bianco, il monte più alto d’Europa, e senza dare troppo nell’ occhio mi commossi.
Marco Olmo aveva appena vinto il primo dei suoi 2 UTMB quando coi colleghi di lavoro mi ritrovai una settimana dopo sugli stessi sentieri che avevano visto protagonista quella corsa che avevo appena scoperto.
C’erano ancora segnali di quel passaggio, cartelli, bandierine, manifesti, e a tratti con lo zaino sulle spalle di 10kg tentavo di imitarli corricchiando mentre Mauro e Giancarlo si divertivano ad assecondare il mio entusiasmo per un sogno che sembrava razionalmente irrealizzabile. Non avevo mai corso in montagna.
In salita si E andavo bene. Allora pensavo che correre in montagna e correre in salita fossero un po’ la stessa cosa. Ma la differenza è come quella che c’è tra una Ferrari e una Jeep…probabilmente una Ferrari su una salita asfaltata con una pendenza media semina il fuoristrada. Ma appena le pendenze diventano proibitive e tecniche, invece della falcata e della velocità diventano determinanti resistenza alla forza e agilità.. allora le cose cambiano e il tipo di sport è tutt’ altro . Differenza che imparai alla mia prima corsa in montagna, la Marcia dei Tori, nel modenese, poco più di 10km di trail, finendola devastato. Non riuscivo a concepire che su certe pendenze si dovesse per forza camminare e provavo a correre dappertutto, col risultato che dopo metà gara avevo finito l’energia ed ero pronto per essere raccolto col cucchiaino. Eppure correvo maratone e Ultra senza problemi.


Sono alla partenza dell'UTMB e si sta avvicinando l’orario dello start. È buio, la piazza non è illuminata dalla luce come durante le classiche partenze delle altre edizioni, alle 18:30, ma ci sono quasi. Sono in Place Triangle de l'Amitié. Non me ne rendo conto, non sono emozionato come ho sempre sognato in questi ultimi 5 anni, ma sono nervoso, non mi commuovo come avrei pensato perché, complice il maltempo, siamo tutti ammassati, trailer e spettatori con ombrelli aperti e non si capisce più nulla
“Voglio farla. Voglio fare l UTMB” ho detto un giorno. Tra l’incredulità di chi mi conosceva e anche la mia.
Tornato dal trekking di 4 giorni nel settembre 2006, passando per il Col de la Ferret, dormendo al rifugio Bonatti e all’Alpage de La Pelau sulla paglia della stalla…mi precipitai a comprare scarpe da trail, bastoncini e camelbag.
Per tre anni rimasero però chiusi in un cassetto senza essere mai usati.
Fino a quando non decisi di provare a catturare i punti necessari per poi partecipare al sorteggio della gara che sognavo.
Senza aver corso mai un ultratrail. Un po’ come quando senza aver mai corso nemmeno una 10km, decisi che 4 mesi dopo avrei partecipato alla 100km del Passatore. La maglietta che i miei amici avevano creato e che indossarono seguendomi in quell’ impresa nel Maggio 2004 recitava: “da zero a cento in 4 mesi”.
Nel frattempo Marco Olmo aveva vinto l UTMB un'altra volta e l’anno seguente aveva lasciato il testimone ad un ragazzino di 20 anni che avrebbe stabilito il record della corsa ogni anno a venire e si sarebbe affermato re incontrastato mondiale dell’Ultratrail, un corridore capace di volare su qualsiasi terreno e vincere ogni gara del Mondo sia di corsa sia di sci-alpinismo, con una facilità incredibile.. il nome Kilian Jornet Burgata sarebbe stato sinonimo di U-T-M-B. e di tante altre manifestazioni
I punti. Si perché allora non sapevo che ci volessero dei punti per poter partecipare. I punti per me si raccolgono alla Coop per ottenere il servizio di piatti. Fino ad allora era bastato che mi iscrivessi alle gare a cui volevo partecipare prima del termine delle iscrizioni, pagando la quota relativa. Invece ora per partecipare all’ UTMB sarebbe servito un punteggio per stabilire chi meritasse di partecipare, e soprattutto per scremare e accogliere sui sentieri trailers preparati, perché in montagna chi ha poca esperienza e fa il passo più lungo della gamba si può fare male. Mi viene da sorridere se penso come fin da piccolo i miei, i boy scout, sui libri, insegnassero tutti che in montagna non si deve correre, ed ora ci sono addirittura gare di corse in montagna. Nel 2009 di punti per partecipare all’ UTMB ne servivano 4. Ne conquistai 2 ad un trail in Svizzera, il mio prima ultratrail, 2 in un altro in Liguria e speranzoso partecipai al sorteggio che si svolge tra Dicembre e Gennaio. Sorteggio obbligato in quanto le domande di iscrizione a livello mondiale superano di più del doppio i posti disponibili, 2300, necessari per garantire la sicurezza di tutti i corridori. Dal 2011 di punti ne servono 5, da ottenere in massimo in 2 prove diverse.
Persi il sorteggio. Ci rimasi malissimo. Ero sicuro che fosse solo una formalità quel sorteggio invece lo persi.
Avevo faticato per prendere quei 4 punti. Non avevo esperienza di corsa in montagna e a Davos nel mio primo ultratrail di 78km ero terrorizzato di farmi male, avevo paura che con la stanchezza i miei riflessi sui sentieri si potessero appannare e paura di cascare da un dirupo. Quel giorno di fine luglio nevicò e l’emozione sotto quel fenomeno naturale estivo mentre correvo sul crinale, e km dopo km ce la stavo facendo a terminarla, si trasformò in lacrime. Acquistai sicurezza e dopo aver perso il sorteggio, l anno seguente corsi molto di più in montagna arrivando a conquistare un ottimo 119esimo posto nel UTMB reprise. Si perché quasi a farlo apposta perso il sorteggio del UTMB decisi di iscrivermi alla gara di media lunghezza chiamata TDS di 110km. Ma non sarebbe stata la stessa cosa, non tanto per i km ma perché non avrebbe attraversato i passi mitici dell’ UTMB. La gara corta della manifestazione sponsorizzata da North Face, la CCC (Courmayer-Champex-Chamonix) misurante 98km, era invece un UTMB in miniatura e di conseguenza aveva un fascino maggiore della TDS che attraversava altri sentieri. Ma perdendo il sorteggio anche i pettorali disponibili per la CCC non erano più disponibili. Ed era solo Gennaio. E la gara sarebbe stata in Agosto.
Era la mezzanotte dell’ultimo venerdì di Agosto 2010. La mia TDS venne annullata e l’UTMB sospeso dopo 20km causa un tempo davvero inclemente.
Alle 10 di sabato 28 agosto gli atleti che avrebbero dovuto partecipare all’ UTMB e alla TDS, tra cui io, partivano da Courmayeur per l UTMB reprise, lungo i sentieri del percorso originale. Sarei stato un finisher dell’ UTMB nonostante da mesi mi fossi accontentato di pensare di partecipare alla gara secondaria della manifestazione. Arrivai 119esimo e settimo italiano, in poco meno di 15 ore percorsi i 90km passando per la prima volta sotto l’arco dell’arrivo di Chamonix .
Il sogno era soltanto rimandato. L’anno dopo avrei avuto per diritto l’accesso alla gara dei top.




Ora Sono le 23:25 del 26 agosto 2011. La partenza è ritardata di 5 ore, causa maltempo, di nuovo quel maltempo che aveva fatto annullare la gara l’anno precedente per poi essere ripresa come dicevo prima in Italia in forma ridotta il giorno seguente. Avevo osservato i video spettacolari della partenza decine e decine di volte in questi anni: scene da brividi. 2300 partenti, pubblico festoso e numerosissimo anche assiepato sulle terrazze come si vede al palio di Siena...suoni, rumori, musiche lacrime .Gli inni nazionali dei paesi che attraverseremo per girare attorno alla montagna più alta d'Europa, Italia Svizzera e Francia , la musica di Vangelis da lacrime, che emoziona. Invece quest’anno nessun inno, nessuna musica emozionante, sento appena appena un accenno di una musica timida. Aspetto tutto questo ma il mio Garmin indica che sono già le 23:30. Partenza ancora ritardata?...senza tanti convenevoli, inni, musiche o celebrazioni iniziamo a camminare. Penso che non possiamo essere partiti così anonimamente.
Invece siamo partiti davvero, si cammina, io sono molto indietro, è freddo, continua a piovere e ho tanto mal di testa, e il raffreddore si sta iniziando a sfogare. Proprio oggi? Ha avuto 365 giorni per sfogarsi, ma no, ha scelto proprio questa notte. Dopo  un paio di minuti passo sotto l’arco di partenza, e che spero sia anche quello di arrivo, ma ho qualche dubbio ora e cerco mia mamma, Lia, e Lucia. Sto sulla sinistra, vicino le transenne, le voglio vedere per l’ ultima volta, ne ho bisogno, continuo a guardare la gente che urla ci incita ma non le vedo, gli spettatori sono assiepati anche in terza e quarta fila sulle transenne e loro potrebbero essere lì, ma non le vedo. Saluto e sorrido a chi mi incita pensando e sperando di salutare anche loro. Sono emozionato....un po’...molto meno di quello che avrei sperato al mio primo UTMB. Non sto bene e le condizioni meteo sembrano frenarmi ulteriormente. Ma so che le condizioni possono cambiare sempre da un momento all'altro, basta crederci e non mollare, magari possono peggiorare, sia quelle fisiche che quelle meteo... per saperlo bisogna tentare.
Mentre usciamo da Chamonix il pubblico è sempre numeroso, numerose le persone fuori dai pub...è meraviglioso anche se piove forte.
Dopo un paio di chilometri si riesce anche a corricchiare un po’....i primi dieci km sarei partito piano anche se fossi stato bene. La strada è semplice anche se piena di pozzanghere da evitare e altri trailer un po’ rimbambiti, sarà la pioggia, sarà la notte, ma devi stare attento che ti non vengano addosso e ti puntino i bastoncini con le punte in faccia...i primi 10km scorrono via con soglia di attenzione alta ma sereni, tanto la pioggia continua a venire giù e ci si abitua. Io indosso un guscio che mi ripara tantissimo, ma è caldo....di solito uso una giacca più traspirante ma partire per fare 166km con quasi 10000mt di dislivello di notte con pioggia battente e sulle vette le montagne chissà...mi ha fatto optare per essere più coperto e prudente. Ai piedi scarpe abbastanza protettive e leggere, le stesse che a Valdigne mi hanno portato al 15esimo posto. I soliti bastoncini che con il fango diventano determinanti e pantaloncini corti invece dei corsaro o dei pantaloni interi, col timore che bagnati diventino più pesanti e facciano freddo addosso.
Col bagnato, quando riesco, cerco di essere il più scoperto possibile per non rimanere congelato addosso.
Come materiale obbligatorio quest’anno, memori del meteo dell anno prima che aveva fatto sospendere la gara lunga e farla riprendere solo da metà, l'organizzazione ha inserito in più pantaloni antipioggia e maglia  a maniche lunghe termica, che ho messo dentro buste di plastica nel fedele zainetto compagno di sempre.
Siamo a Les Houches dopo 8km .Troviamo ancora persone a incitarci dopo un’ora di nulla. Inizia la prima delle tante salite.
Le gambe stanno bene ma la frequenza cardiaca non sale. Mi sento intasato in testa, dietro le orecchie, sto cazzo di raffreddore!!! ..non è che mi prendo l’influenza?
Muscolarmente sto bene e proseguo regolare sulla salita larga e a tratti corribile. 6km per raggiungere i 1776mt del Col de Voza...sto bene di gambe...arrivo su in un’altra oretta senza forzare troppo.
Quella che si presenta ora è la difficoltà tecnica maggiore di tutta la corsa. Una discesa di 7km a tratti molto ripida con la terra infangata e centinaia di trailers tutti vicini con i bastoncini di chi non sa usarli che ti si piantano addosso e devi scansarli. Quando c'è un po’ di erba si cerca di correrci sopra. Si scivola, il fango non permette di stare in piedi e nemmeno di lasciarsi andare perché hai davanti tanti altri trailer e puoi finire loro addosso creando una valanga umana. Bisogna stare attenti, frenare, puntare forte i bastoncini quasi a farsi male alle braccia. Un’ ora . Sì, un’ora per fare 7km di discesa. Intasamento di trailers che non vanno avanti in discesa per paura e incapacità. È pericoloso. Ancora più pericoloso di prenderla forte. Finalmente infangatissimo arrivo a Saint Gervais al primo ristoro. Mi sembra che la pioggia stia un po’ smettendo, ma io sono bagnato e infangatissimo. Tempo un minuto al ristoro per riempire l'acqua e sono di nuovo nel buio. 21km percorsi.
I 10km per arrivare a Les Contamines sono alternati di discese e salite corte, falsipiani, in pratica un dolce avvicinamento al km31. La cosa che non capisco è il modo di correre di 3 giapponesi che iniziano a infastidirmi. Mi si piazzano dietro il sedere poi scattano avanti a 50mt poi rallentano e fanno questa cosa decine di volte trovandomeli spesso nelle brevi discese corte, dove il sentiero è largo solo per il passaggio di una persona, a spingermi. Decido di rallentare e farli passare, ma il giochino continua fino a Les Contamines, km 31. La notte è bellissima, ha smesso di piovere e il morale comunque si inizia ad alzare. So che sto andando piano come gara, ma se riuscirò a stare un po’ meglio la tattica è quella di risparmiare energia e gambe fino a Courmayeur e poi dargliene nei restanti 90km. Mi chiedo come il mio fisico reagirà a una o due notti fuori dal letto. Siamo partiti alle 23:30 di venerdì, in teoria alle 5 di mattina di domenica dovrei essere sicuramente arrivato...Come risponderà il mio corpo? non ho paura di saperlo, ma molta curiosità, se avessi timore non farei questo sport ma sceglierei qualcosa di più soft. Questo sport mette ogni volta il mio fisico, e di conseguenza la mia testa, in situazioni nuove stimolanti e mi permette di conoscermi sempre di più e scoprire dove il fisico e la mente possano arrivare. Il fisico umano ha delle risorse cosi grandi che spesso non sfruttiamo....o rifiutiamo.
Inizia la prima grande salita...quella che da Les Contamines (1170mt) va ai 2445 dei Refuge Croix du Bonhomme. Fra qualche ora sarà l’alba e con il giorno il morale cambia completamente. La pioggia ha smesso anche se fa tanto tanto freddo. Ho tolto la giacca e sono l’unico in maniche corte e pantaloncini. Siamo sotto lo zero di sicuro.
Con tranquillità arrivo a La Balme a 1706 mt dove c'è il terzo ristoro e da qui la salita fa sul serio, è pietrosa...mi giro ed è spettacolare: una fila ,uno sciame di lucine frontali di altri trailers come me traccia il sentiero della salita. Che cosa incredibile! quanti matti come me sono qui questa notte con questo freddo e hanno superato i primi40km.
Arriviamo al Col Bonhomme a 2300mt ,una salita di 10km regolare , la prima quota oltre i 2000 mt raggiunta. Fa freddo ma non troppo. La magia della luce scalda il cuore. Costeggiando l'Aiguille de Bionnassay si intravede il chiarore durante l’ascesa, ma in vetta il chiarore delle 6 di mattina diventa magia. Non si vede ancora l’alba ma lo spettacolo che ho di fronte è da senza parole. Vette. Vette enormi. Innevate, che fino a quel momento erano nascoste dalle tenebre, quelle tenebre che alle partenza avevano reso anche drammatico il morale...pioggia, freddo e l’incognita del meteo sulle vette più alte. Invece lo scenario è meraviglioso.
Tutto bianco attorno. Siamo ancora in Francia., ma il morale è alto. È quasi giorno, non piove e siamo quasi in Italia, la mia Italia.
I 2km di crinale che ci separano dal rifugio posto a 2400mt sono di felicità, ammirazione per quelle montagne che ho sulla mia destra.
Poi una discesa che esalta e mi fa divertire. 5 km dove volo e mi scordo di tutto anche del mal di testa col quale sono partito. Volo. Voglio arrivare in Italia
Sono a Les Chapieux, ultimo paese di terra francese a 1549 mt dove è posto il ristoro. Mangio qualcosa e prendo un thè caldo. Comunque è freddo e io sono in maniche corte. La giacca con cui ho deciso di partire è troppo calda e ora ci vorrebbe la mia giacca traspirante. ma non ce l’ho, per cui maniche corte e pantaloncini. Si gela. All’ uscita dal ristoro mi viene  controllato lo zaino, mi chiedono i pantaloni in goretex, la maglia a maniche lunghe e il cellulare. Nella lista del materiale obbligatorio vogliono che il cellulare sia sempre acceso e con i numeri dell'organizzazione salvati in memoria.
Nel materiale obbligatorio occorre fischietto, coperta di sopravvivenza, benda elastica adesiva per fare una fasciatura, pantaloni che insieme alle calze coprano al bisogno tutta la gamba, maglia a maniche lunghe termica,1 litro di acqua, riserva alimentare, 2 lampadine con batterie di scorta, bicchiere per bere ai ristori, cappellino e guanti impermeabili, giacca in goretex o simile. In più chip nel pettorale e al braccialetto.. rosso per noi dell’UTMB.
Pettorale 119 per il 119esimo posto e settimo degli atleti italiani dell’anno precedente all’ UTMB reprise. L’anno scorso tutto è stato bellissimo, anche la prestazione, di cui vado fiero. Ma ora bisogna cancellare quello che è stato fatto l’anno scorso e 2 mesi prima a Valdigne. Questa è un'altra gara ed anche se per me è la regina delle gare, anche se sono anni che sogno di essere ai  nastri di partenza macinando km, raccattando i punti necessari per partecipare, anche se l’anno scorso ho perso il sorteggio, ma poi ce l’ho fatta, oggi sono qui e si ricomincia da zero.
E' l’alba e fra 10km ci sarà il Col de la Seigne...si il colle che divide la Francia dall'Italia.10km e altri 1000mt di dislivello. L'anno scorso ero stato sul Col de la Seigne in allenamento e avevo notato che zona strana fosse quella, dove il meteo, i venti, lo scenario che cambiava completamente e mi sembrava più montagna di tanti atri colli. Lassù sarà dura, lo sento.
Supero qualche chilometro pianeggiante e poi comincia la salita. Ho entusiasmo ma qualcosa non va. Provo a mangiare, a bere, mi scoppia la testa, ho sonno, tanto sonno. Ho freddo, tanto freddo. Mi sto addormentando in piedi mentre salgo sui bastoncini. Mi si chiudono gli occhi...cazzo, di già??? Sono senza energia...ho mangiato ma niente.. qui bisogna rallentare...mi superano a decine e decine uomini, anche ragazze...trailers donna molto in forma....tra le prime del mondo immagino.
E' un calvario, non so come fare, urge un caffè, una tanica di caffè, non ho energia, piano piano ma devo arrivare in Italia.
Nevica. Inizia a nevicare e anche forte. Io sono a maniche corte. Mi infilo la giacca e proseguo. A tratti mi fermo sul sentiero e mi appoggio sui bastoncini....ho sonno....nevica.. che emozione, cosa mi sta iniziando a regalare questa corsa. Lo dico oggi mentre scrivo. Li sono preoccupato, non riesco a godermi fino in fondo quello che la natura nel bene e nel male mi sta dando. Arrivo distrutto alle tende dell’organizzazione poste ai 2516mt del Col de la Seigne. Ora sono in Italia e il percorso lo conosco. Da qui lo conosco bene fino all’arrivo. Ah già non proprio tutto. Sembra che l'ultima salita dopo Vallorcine sia stata tolta, che si prosegua per fondovalle fino ad Argentière e poi Chamonix...grande! cosi saranno 10km in meno e 1000mt di dislivello, meno male!!!!
Inizio a scendere, il sentiero è innevato, mezzo ghiacciato, la neve continua a scendere ma quello che mi preoccupa sono le gambe. Ho percorso 60km a ritmo comunque blando. eppure le gambe sembrano inchiodate. Cosa mi succede? A Valdigne dopo 100km e 6000mt di dislivello scendevo a tutta.. e l’ultimo km l’ho fatto a 3'50''.. ora dopo 60km ho le gambe in questo stato? vuoi vedere che mi è successo qualcosa? mi bolle la testa, ho caldo, tanto caldo...come se avessi la febbre, le orecchie mi fanno malissimo e gli occhi mi piangono, faccio fatica a vedere la strada. Sono arrivato in Italia.. fra poco avrei dovuto cominciare a spingere forte eppure sembra che il mio fisico mi stia dando altri tipi di segnali e non molto confortanti. È finita... mi mancano più di 100km e non di pianura, non di asfalto ma di montagna. Fin qui ci ho messo 10 ore....il mio desiderio non tanto irrealizzabile per finire tra le 29 e le 32 ore sta svanendo.. ma ora anche il sogno, quello di finire un UTMB. Come faccio a finire una cosa del genere? con tutto il dislivello e i km che mancano....almeno devo arrivare a Courmayeur. Da li avvertirò Lucy e mamma e me ne tornerò a Chamonix coi pulmini dell’organizzazione, ma mi ripeto che almeno a Courmayeur devo arrivare e a Courmayeur mancano 18km e 600mt di salita, 1800mt di discesa. Ma in discesa, che è la mia specialità, dove mi diverto di più, dove balzo da una roccia all’ altra con esplosività, non vado...mi fanno male i quadricipiti...eppure non ho forzato mai. Saluto mentalmente il rifugio Elisabetta dove un anno fa con Marco, la guida che mi ha insegnato le prime nozioni di alpinismo, ho preso un caffè. Mi rivedo sorridente un anno prima. ora no. Arriviamo al lago Combal, al ristoro. Mi sento come se avessi già terminato la corsa. Lo spirito non è più di non sostare troppo al ristoro. Mangio, bevo e tiro fuori il cellulare. Sono le 10 di mattina.  Trovo tantissimi messaggi, tra cui Lucy che mi incita come sempre del resto,che dice che i pulmini dell’ organizzazione sono in ritardo e partiranno per La Fouly nel pomeriggio. Si La Fouly. Mi avrebbero aspettato al 110km ma al 110km non ci arriverò purtroppo. Un altro sms, è Tosse, dice che mi stanno seguendo live dal lavoro. Sono tutti li a seguirmi. Io sono un turnista 0-24 da lunedì a domenica per cui sul lavoro ci sono sempre 6 colleghi in turno e Tosse mi ha seguito tutta la notte di lavoro. Insieme non so a chi, ma l’sms dice..."ti stiamo seguendo".. non è solo. Mi ritiro? e poi? si, la gara è saltata...avere male per chissà quale motivo ai quadricipiti era è la fine di ambizioni, mi chiedo il perché ma ora non conta e non mi serve trovare una scusa...gara finita...ma Lucy e mamma sono a Chamonix per me e stanno per prendere il pullman per La Fouly, Lucy non ha gareggiato tutta l'estate per essere nelle domeniche di montagna con me, ha sacrificato una settimana di ferie che di solito usa per vedere la famiglia lontana 1000km e che vede solo 2 volte l’anno per me. Io ho sacrificato tante gare e tanti giorni per andare in montagna a cavalcare un sogno che è iniziato nel 2006. Al lavoro i colleghi per anni ad ascoltare il mio sogno e le tappe di avvicinamento a questo sogno. La prima che rimarrà delusa dal risultato sarà sicuramente Lucy che dopo Valdigne come me pensava ad una gara diversa, ma io sono qui, ho quel pettorale che ho faticato a conquistare, non ho niente da fare nei prossimi 7 giorni. fatica avrei pensato di doverla fare...eh si, direi anche tanta. ma quando si fa tanta fatica per un fine è un conto e il mio fine era di fare una bella gara....no no....se mi ritiro non ci dormirò per mesi. L’altra vocina mi dice: sei devastato, hai freddo, forse hai pure la febbre, hai mal di testa e quando deglutisci fa male la gola, i quadricipiti sono di marmo ed è un agonia camminare e soprattutto scendere...mancano 100km...un altra notte sicuro...per cosa? per metterci 40-45ore? vabbè allora mi ritiro....La mia testa non riesce a soffrire cosi tanto per un risultato del genere....Sto malissimo..
Ogni debolezza, ogni ostacolo, ogni dolore, ogni terribile condizione prese singolarmente possono sembrare dei macigni ma sommate diventano un enorme grosso macigno e possono portare a un ritiro, a essere sconfitti. Mi arriva un sms da Luca..."Non mollare". da Lucy...."non mollare e quando arrivi a Courmayeur facci sapere"...da Tosse.. "non mollare cmq per noi averci provato ti rende  un eroe". Provato? io ci avrò provato quando rantolerò per terra e mi trasporteranno via in ambulanza....ora provo ad arrivare a Courmayeur, almeno il sonno mi è passato, vediamo cosa succede....e come sto...io penso che può solo andare peggio.
La piana del lago Combal dà un po’ respiro ai miei muscoli ma per arrivare a Courmayeur, e forse alla fine della mia gara, ci sono altri 600mt di salita che in questo momento sembrano tantissimi. Piano. Bisogna farli piano e non curarsi degli altri che ti superano a velocità doppia. Tu sei forte, più forte probabilmente ma ora non stai bene e devi fregartene...e goderti quello che ti circonda. Ma la stanchezza e le condizioni febbricitanti non me lo permettono. Inizio piano piano il Monte Favre....e per fortuna incontro un ragazzo francese, simpatico, uno dei pochi perchè fino ad ora solo gente antipatica, trailers impegnati solo a correre e che ai miei sorrisi hanno risposto con indifferenza. Non ho ancora incontrato un italiano, ma la lingua non è un ostacolo in queste corse anche se non si conoscono le lingue, un sorriso, uno sguardo vale più di mille parole....e trovo coraggio in questo ragazzo francese con cui parliamo di Roma, Firenze, Venezia, della sua passione per il cibo italiano...e spensierarmi per quelle decine di minuti davvero permette alla testa di slegarsi dai dolori e dalla debolezza e di non pensarci e la cima della salita arriva prima del previsto e senza quella devastazione che avevo previsto. Da li inizia una piana...mi sento meglio...poi si scende un po’. Mi salutano in francese e in tedesco e io urlo:"ciaooooo ora siamo in Italia"!!!! ora sono a casa....per 40km di corsa sono in Italia e pretendo un ciao....!!!!!! e che cavolo!!!!! Con la luce del giorno gli spettatori alla gara aumentano o i semplici escursionisti....a partire dal primo albeggiare. La cosa che noto è che gli stranieri ci incitano con calore nonostante siamo in Italia, gli stranieri...mentre gli italiani ci guardano un po’ come matti.. con sospetto...un po’ come succede durante le maratone su strada. In Italia durante una maratona tipo di Roma chi non corre si spazientisce, si arrabbia coi vigili e ci tratta con fastidio ed arroganza. All'estero , invece, chi non corre rispetta tali manifestazioni, invece dell’auto prende la bici e porta i bambini ad incitare i corridori dal primo all’ultimo anche se non conosce nessuno che partecipa. Poi generalizzare è sempre sbagliato, perchè non tutti siamo uguali, ma come cultura dello sport all'estero ci danno dei punti. E anche ora che sono in Italia mi incitano solo gli stranieri
Nevica...continua a nevicare ma c'è il sole....non è freddo, non ha mai smesso di nevicare ma si sta bene, c'è il sole. Mancano 7km a Courmayeur e qui in agosto sta nevicando.
Arrivo al ristoro al Col Checrouit ..e anche se volevo fermarmi a Courmayeur per mangiare, mangio un piatto di pasta!! la pasta!!! Italia!|e poi mi butto giù...le gambe rispondono....siamo in 4, 2 giapponesi un tedesco e io...voliamo per la discesa semitecnica....ma i giapponesi che ho davanti sono pericolosi, non sono bravi discesisti e decido di superarli ma non mi fanno superare.. la discesa è stretta e quando ci provo mettono i bastoncini nella parte di sentiero dove potrei superare per sbarrarmi la strada. Prendo il mio bastoncino e glielo batto contro il suo, spostandolo, e lo mando affanculo....lo spirito per me deve essere di festa non di agonismo spietato...neanche ci giocassimo i primi posti...li distanziamo velocemente ma il tedesco cade ...nel tentativo di distanziare me....e mi chiedo cosa ci stiamo giocando....dato che in classifica saremo intorno al 200esima posizione. Lo soccorro e ripartiamo ma questa volta decido di accelerare per evitare di farmi male dietro a trailers pericolosi. Nevica ancora un po’ ma è caldo e c'è il sole. E vedo Courmayeur...la Courmayeur che conosco bene....il morale ora è buono....in più le gambe rispondono  di nuovo e sono passate solo 12 ore dalla partenza per cui sulla tabella di marcia ho perso poco.
Il Forum sport center di Courmayeur è una bolgia....è mezzogiorno, gli spettatori, accompagnatori, amici e curiosi danno colore,suono alle voci stanche e demoralizzate dell’ anima. In più è caldo...ora saranno 30 gradi.. si sta benissimo...ritiro la borsa per il cambio, salgo le scale e mi trovo davanti un salone gigante pieno di tavolini dove i trailers mangiano e parlano......è strano vederne cosi tanti tutti insieme dato che sono ore che ne vedo pochi alla volta. Mi cambio velocemente: maglietta, pantaloncini, calzetti....cambio giacca in quanto l’altra era bagnata....e mangio...finalmente qualcosa di solido e decente dopo ore di ristori a base di pappine in brodo, crostatine e banane. Mentre aspetto le penne al sugo, il volontario della mensa mi invita a mangiare il prosciutto che fanno in Valle d'Aosta...altro che il prosciutto salatissimo francese....in 2 minuti mi faccio 2 panini e a seguito anche il piatto di pasta. Fuori c'è il sole. ho mangiato e bene, sono asciutto...sorseggiando un caffè italiano prendo in mano il cellulare....e chiamo Lucy....."aspettatemi a La Fouly, prendete pure il pulmino...in qualche modo arrivo...poi da li vediamo che fare.. aspettatemi, sto male, ma pensavo peggio e poi sono in Italia, mi aspetta il Bertone, il Bonatti il Col de la Ferret...li voglio rivedere quei posti...e poi il calore della gente in Svizzera è impagabile....ci sono tante motivazioni,sono tanto stanco....hai guardato i passaggi? dove sono Marco Cinzia Gianluca....?". Lucy mi risponde che non lo sa...e il suo “non lo so” mi fa capire che loro  sono anni luce avanti di me...quindi vacillano un attimo le motivazioni ....dietro di me ci sono brandine separate da tende sulle quali alcuni trailer hanno deciso di dormire qualche ora. Io parto...40 minuti fermo è un eternità...e qualcuno mi aspetta al 110esimo km. Parto con Giuliana e Patrizia che stanno facendo la gara insieme....Morale alto...sole....la gente italiana mi saluta in italiano, passo davanti all’ufficio delle guide di Courmayeur e lo speaker ci incita tra l’ indifferenza dei passanti e per rafforzare l’incitamento ricorda che è da dodici ore che stiamo correndo.
Ci dirigiamo verso Villar e da li inizierà il sentiero di 1000mt di dislivello verso il rifugio Bertone. L'anno passato l UTMB reprise iniziava da qui. Sento incitarmi in italiano, riconoscono la bandiera sul pettorale e mi incitano adesso...un ragazzo mi offre una caramella all’arancia. Riprendo Elio dei Runners Bergamo e lo saluto. L’anno scorso sono arrivato 3 ore davanti a lui e ora siamo appaiati. Parliamo un po’, contenti del fatto che salteremo l’ultima salita prima di Chamonix e faremo solo 155km e 8500mt di dislivello. Lo saluto e proseguo regolarissimo. Ora è un caldo bestia, sono le 13 e si soffoca... come cambiano le cose!!
In un’ ora arrivo al Bertone, bevo e proseguo. Il Monte bianco, che nei giorni scorsi non eravamo riusciti a vedere, ora si vede nel suo splendore...e pensare che qualche ora prima era coperto...poi nevicava col sole e prima ancora diluviava nella notte freddissima. Sono a 2000mt ed è caldo.. caldo da sali minerali e devo affrontare il pezzo di Monte Bianco che porto nel cuore , il Rifugio Bonatti e la salita al Col Ferret. Qualche anno prima nel 2006, quando non avevo mai corso in montagna, ero venuto a conoscenza di questa corsa che aveva vinto un italiano di 58 anni, Marco Olmo e, una settimana dopo la corsa, stavo facendo un trekking di 4 giorni proprio sui sentieri che una settimana prima avevano visto i trailers di quella corsa... il rifugio Bonatti, il mio primo rifugio, in cui ho dormito, 4 giorni fino alla Svizzera, passando per il Col Malatra, il Saint Remy, il gran San Bernardo....La Peleu dove avevo dormito sulla paglia in un alpeggio e mangiato i prodotti delle loro mucche, passando per il Col della Ferret, il colle che divide l’ Italia dalla Svizzera. un colle maestoso a 2500mt. dove il tempo cambiava ed era severo con chi lo attraversava, posto tra i ghiacciai del Mont Dolent e quelli del piccolo Ferret innevati costantemente, 365 giorni l anno.
Il sentiero di 7 km che porta al rifugio Bonatti costeggia alla sua sinistra la Gran Jorasse, una parete del gruppo del Bianco dai colori e dalle forme che lasciano a bocca aperta....e io me li godo mentre viaggio spedito e sembro essermi ripreso improvvisamente.
Quando arrivo al Bonatti mi aspettano 5km di discesa fino al ristoro di Arnuva e poi il Col Ferret... poi la discesa e la Svizzera che mi porterà da Lucy e mamma. A dirlo cosi sembra facile. 20km, una vita in un trail del genere.
Nella discesa verso Arnuva sento le gambe meglio di quando mi si sono bloccate ma qualcosa torna a non andare.
Ma non mi preoccupo, ho superato la crisi e il facile ritiro. Ora devo pensare ad arrivare da Lucy.
Troppo scontato ritirarsi in queste condizioni. Infatti in 2300 partenti aspiranti di un sogno si sono ritirati in 1200, più della metà.....quindi non è proprio cosi difficile avere la tentazione di ritirarsi.
E' sabato pomeriggio....il sole delle 16 scalda ancora e sono alla base del Col Ferret. Sono nella Val Ferret che io amo....dopo Valdigne con Lucy abbiamo fatto un pic-nic con le gambe ammollo nello splendido e ghiacciato torrente....sono a mio agio e sono commosso....ora si!
Prendo il cellulare e leggo un sms che mi ha appena mandato l’organizzazione dell’UTMB. Chiedo spiegazione a un giudice. La salita di Bovine è impraticabile e si passa da Martigny. Vabbè...pazienza....come???? non ho capito, il percorso doveva essere stato accorciato e addirittura l’avete allungato?175km?????10000mt di dislivello??
E' una battuta vero? credo che in molti già scoraggiati da pioggia, neve, caldo, km, stanchezza e di tutto di più, se avevano la tentazione di ritirarsi...credo che ora la voglia si sia trasformata facilmente in realtà dopo questa notizia.
Guardare troppo avanti, pensare al risultato finale, pensare all’arco di arrivo troppo presto può far si che quella voglia di sommare tante piccole imprese, di continuare ancora a battagliare si perda, e che si perda anche la voglia di soffrire per troppa frenesia. Mi è crollato tutto. Corsa allungata di 10km e quasi mille metri di salita in più.. inizio la salita della Gran Ferret.
La salita si trasforma in un calvario...la mia salita mitica....faccio fatica...ogni 5 minuti mi devo fermare, non ho forze.....ma andiamo avanti....sono tornato a vedere nero.. e pensare che l’ anno appena son passato da questa salita è iniziata la ma gara...da 500esimo sono passato forzando 119esimo, accelerando e divertendomi. Ora è diverso. 4km e 800mt di dislivello possono diventare lunghissimi....intanto il tempo passa. Vedo un ragazzo seduto su una roccia, sfatto, è americano. Mi siedo di fianco a lui mentre osserviamo Patrizia e Giuliana che passano inesorabili. Mi guarda e mi offre un gel che io accetto più che volentieri.. ma non lo vedo distrutto....mi dice che a la Fouly si sarebbe ritirato, che la sua corsa era finita....che la sua testa ha detto stop. Io gli rispondo che la mia testa e le mie gambe hanno detto stop da alcune decine di ore...lui ride...e io continuo...nonostante sia sfatto, voglio arrivare a qualsiasi costo al traguardo. Non mi rendo conto subito di quello che ho detto. Ma è quello che la testa quasi vergognante come un bambino timido non voleva dirmi apertamente....ma ora me lo sta dicendo....io arrivo in qualsiasi modo anche strisciando. Mi è venuto fuori spontaneamente. sono ore che dico...."mah forse devo ritirarmi, cosi è un massacro"....no ora il mio cuore e la mia testa hanno sopravvalso il trailers è hanno parlato apertamente, non mi fermerò....Sparatemi!!......
Non è inusuale vedere ritirarsi corridori anche a poche decine di chilometri dal traguardo anche quando si è faticato per ore ed ore con ottime risposte dal proprio fisico e dalla propria mente. Spesso non pensiamo di faticare a quel modo o il faticare più di quello che si pensa o prima di quello che si pensa ci porta alla negatività interiore, che fa poi scadere la prestazione.
Mi guarda sorridendo e ripartiamo. Lui ha un altro passo. Lui si ritirerà a La Fouly ma va il doppio di me....questo invece di indebolirmi mi rafforza....sono forte....questa corsa è compromessa nel risultato ma ora sono sicuro di finirla......sono le 18 di sabato, corro da ieri notte alle 23:30 e so che dovrò stare in giro ancora almeno altre 18 ore. Come si fa in questo caso a dire a se stessi, quando sei in crisi e sei stanchissimo e il risultato in classifica non ti soddisfa, che hai altre 18 ore davanti e un altra notte al freddo? non lo so...so solo che a me è riuscito.....e credo che avere al 110km Lucy e mia mamma abbia dato una grande spinta alle motivazioni.
Il Col Ferret non ha l’aspetto dell’ anno passato con nebbia, vento fortissimo e pioggia.....meno male,di pioggia già ne abbiamo presa abbastanza. Ma sono cotto rispetto all’ anno scorso, che da qui alla Fouly ci avevo messo un ora.
In discesa le gambe le sento di nuovo inchiodate e questa volta definitivamente. Non si riprenderanno più, i quadricipiti, i muscoli che ho più forti, quelli che in discesa non mi fanno cedere e stancare....sono out. In discesa devo camminare. Altro che1 ora…la discesa di 11 km sembra non finire mai. Vedo le case di La Fouly, ci sono quasi, non vedo l'ora di abbracciare Lucy e mia mamma e di trovare conforto. Sono quasi le 20. Mi sembra di essere in giro da una vita. Quando penso di avere le gambe sotto il tavolo del ristoro de La Fouly, improvvisamente si presenta un’altra salita che l’anno precedente non c'era...no non è possibile, ancora??? si sale di 200mt almeno e poi c'è solo discesa, dicono 1 km ma i tornanti non finiscono mai, questo allungamento non l’ho proprio gradito, quando pregusti già con l’acquolina in bocca qualcosa e ti ci fanno girare intorno un’altra mezz’ora fa spazientire un bel po’. Giù per gli ultimi tornantini 4 bambini di età diverse aspettano il loro papà per correrci insieme accompagnandolo per il chilometro fino al ristoro. C'è ancora luce e il paese è pieno di spettatori e accompagnatori, bambini che aspettano i loro eroi. Bellissimo il quadretto figli che corrono insieme ai papà.. Esco da una radura e mi trovo in paese. Di fronte tendone e spettatori. Lo stato è come di uno che è stato bendato fino ad allora e all’ improvviso si trova davanti tante persone. Ecco. Uscendo dall’ultima radura vedo gente, case, movimento e in una frazione di secondo sento urlare il mio nome. Mia madre mi viene incontro. Da quanti anni aspettavo una cosa simile...l’abbraccio....abbraccio Lucia che stava un po’ più dietro, ci avviamo verso il tendone, riempio l’acqua da un bambino e comincio a parlare, a lamentarmi, a vaneggiare, a parlare di ritiro, ma sia io sia Lucy sappiamo che è una cazzata...non mi sarei mai ritirato. Nel tendone c'è tanta gente, molti con facce stravolte chinati sui tavoli, io non sono messo come loro, non riesco più a correre, in discesa è un calvario ma io non sto cosi male!!!! Provo a mangiare ma lo stomaco è un ammasso gastrico, non mi va niente,vorrei un bel piatto di pasta, un panino, il pane del ristoro è duro che se lo tiro contro un muro si spacca il muro, come affettati solo salame e formaggio che col mio stomaco sottosopra non vanno bene. Bevo l’ennesima pappina in brodo ma devo mettere qualcosa di solido sotto i denti, le crostatine, le barrette e le banane del ristoro non mi vanno giù. Ah come rimpiango il ristoro di Courmayeur.. ora vorrei un caffè ma è brodaglia. Lucia e mia madre parlandomi della loro avventura per arrivare fino a li con i pulmini dell’organizzazione tirano fuori dallo zainetto la loro cena, un panino succulento di un metro e mezzo...non so come abbia fatto a non avventarmi su di loro e sul panino, avevo una fame...ma era la loro cena, intorno non c'era quasi più nulla, non potevo essere egoista, mi parlano della loro colazione con i croissant della mattina...voglio un croissant, lo ripeto 3-4 volte...mi offrono il loro panino che rifiuto, Lucy corre all’ unico bar aperto de la Fouly....e deve elemosinare un unico croissant, non mi basta ma per un po’ sono appagato. Rido, sono sereno, cambio la giacca nuovamente e decido di ripartire, è da troppo tempo che sono fermo. Non so se le vedrò a Champex, ho detto loro di filare a letto, saranno stanche, da li all’ albergo avranno 2 ore di viaggio ancora, sono quasi le 21....ma dentro di me spero di vederle a Champex.
L'entusiasmo che ti può dare un incontro con le persone che ami, soprattutto in prove di fatica e mentali come quelle, è straordinario. Riparto con energia, felicità, il buio sta sopravvenendo alla luce ma io non accendo la pila. E' buio sul sentiero pianeggiante ma non uso la frontale, sono carico e non mi sento stanco!! non devo a pensare a quanto manca anche perchè esattamente non lo so, l’organizzazione non è stata chiara, nessuno sa esattamente di quanto abbiano allungato e dove, neanche quelli dell’ organizzazione lo sanno esattamente. Quando l’ho chiesto erano in 3 e tutti e 3 si contraddicevano a vicenda, non lo avevano chiaro neanche loro, figuriamoci noi trailers da 24 ore in giro per i sentieri al freddo ...che ne potevamo sapere.
Ritrovo Elio, non lo vedevo da Courmayeur, finalmente un italiano con cui chiacchierare. Anche lui in discesa non riesce ad andare, per cui mi appiccico a Elio.
E' buio, ci si appiccicano altri trailers di altra nazionalità, abbiamo un buon passo regolare e il sentiero è segnalato un po’ di rado e non benissimo, bisogna tenere la soglia di attenzione alta e non sbagliarsi, il percorso anche in questo tratto ha una deviazione rispetto a quello originario ,sembra che vogliano allungarci il percorso e il dislivello ogni qualvolta se ne presenti la possibiltà Nonostante questo, il morale ricomincia ad alzarsi, siamo 5-6 trailers e il tempo scorre velocemente. Si scende fino a Praz de Fort per poi risalire fino a Champex a 1450mt. L'anno scorso sono passato qui il pomeriggio,ed è stato il tratto più bello festoso della gara: campanacci, bambini e ristori volanti non ufficiali, dove ti fermi a bere un sorso di limonata per ricambiare con un sorriso il sorriso di un bambino che vuole partecipare alla corsa a suo modo. Gli applausi qui sono per tutti, dentro i paesi la gente aspetta fuori dalle case, dai locali fino a tarda sera per salutarti, per batterti il 5..e anche ora che sono le 23 a Praz de Fort qualche decina di spettatori ci saluta. Con calma si arriva a Champex. Ho lo stomaco sottosopra, mi viene da vomitare, ho fame ma non riesco a mangiare nulla.
Ho tanta acidità nella pancia, non voglio più brodo né caffè nessuna schifezza, voglio la pasta!!!!Arrivo a Champex e Lucy e mamma sono li. Non le fanno entrare in zona atleti, dovrei andare io nella loro zona ma sono cosi esausto che non mi muovo, per cui disobbedendo all’organizzazione vengono loro in zona atleti dove io sono con la faccia sul tavolo, affamato, con lo stomaco sottosopra. Lucy mi porta la pasta! finalmente pasta!! pasta svizzera, non è quella che ho mangiato 12 ore prima ma è qualcosa di solido!!!quando mia mamma era sul punto di prendere del thè caldo per rimettermi a posto lo stomaco, arriva Elio con 2 birre. “dove le hai trovate??”.
Lucy e mia mamma mi guardano preoccupate, pensando alla mia gastrite ci vorrebbe un thè caldo ma non posso rifiutare un sorso di birra offerto fraternamente dal mio compagno di avventura. Rinuncio al thè caldo e inizio a sorseggiare, poi guardando Lucy le faccio segno di bere lei il resto.
E' mezzanotte e non sappiamo quanto manchi alla fine della gara e nemmeno quanto dislivello ci sia. È mezzanotte, so che devo ancora affrontare tante difficoltà. Il sonno, la stanchezza, continuo a ripetere che ho freddo, tanto freddo, nonostante a La Fouly Lucy mi abbia convinto a indossare una maglia termica a maniche lunghe, tanto a gara agonisticamente finita la passeggiata prevede temperature corporee più fredde. Io non uso le maniche lunghe quasi neppure in inverno, per me è un chiaro segno di accettare la sconfitta ma non voglio perdere la guerra.
Lucy e mamma spariscono fuori dalla tenda e penso a loro a 1400mt in cima ad una montagna a mezzanotte, a quale stato d'animo possano avere e spero che riescano ad arrivare a Chamonix senza problemi. Il giorno dopo mi raccontano che effettivamente le mie sensazioni erano giuste. Per prendere il pulmino bisognava fare un sentiero tortuoso e da lì un’ ora e mezza di tornanti e strade di montagna separavano Chamonix e poi mezz’ora di strada a piedi per raggiungere l’albergo a Les Praz. Io riparto insieme al mio nuovo amico Elio. Ho lo stomaco messo peggio di prima, la birra gelata fa contrasto col freddo ed è come un pugno nello stomaco. Camminiamo, forte ma camminiamo. Passiamo di fianco al lago di Champex che immaginiamo solo perché non si vede nulla. Il percorso originale dell’UTMB da qui prevedeva la salita ai 2000mt di Bovine e la discesa a Trient, poi la salita ai 2000mt di Catogne , discesa verso Vallorcine prima degli ultimi mille metri di dislivello sull’ ultima salita sopra i duemila metri, salita che già dalla partenza sapevano che non sarebbe stata effettuata. Invece di andare da Champex a Trient via Bovine, causa maltempo e frane a quanto capito, si doveva deviare a Martigny allungando dislivello e chilometri. Ma quanto dislivello? quanti chilometri? Cammina cammina nel cuore della nuova notte con un freddo incredibile, soprattutto ora che siamo stanchi e non corriamo.. e non sappiamo neppure per quanto! Non è facile non sapere. Siamo in mezzo alle montagne da 24 ore. No, non è facile. Per fortuna la pioggia è passata. I guanti sono un po’ umidi e non tengono molto caldo. I sentieri sono desolati, spesso crediamo di esserci persi, non c'è un anima viva per i paesi, freddo, non sapere dove stiamo andando, quanto manca, mal di stomaco, energia che si sta esaurendo, sonno....tanto sonno. Inizia a lamentarsi Elio, poi come succede in questi casi anche se io lo incoraggio, il sonno lo sento pure io, è la seconda notte che non dormo, il mio fisico mi chiede pietà. Arriviamo dopo ore in un paese che crediamo sia Martigny ma neanche quello è Martgny, ci scoraggiamo ma poi incomincia la salita! Pensiamo sia invece Martigny e che manchi solo il controllo chip.. però sembra strano. Elio sta male, io ho sonno ma il sapere che stiamo per salire a Trient dove da lì conosco il percorso tira su il morale. Elio si ferma, si rannicchia e vuole dormire. Mi fermo con lui, chiudiamo gli occhi ma fa troppo freddo, freddissimo. Passano alcuni trailers che si preoccupano chiedendoci se stiamo bene. Dopo 5 minuti intimo Elio di ripartire, fa troppo freddo, bisogna andare, dobbiamo scalare i 1000mt per arrivare a Trient, ma ci sbagliamo, saliamo, saliamo ma poi si riscende...noooooo si scende ed eccoci a Martgny.
A Martigny è stato allestito in fretta e furia un tendone con ristori idrici che dovevano essere a Bovine. Si ma a Bovine erano 5km da Champex, Martigny 18km...voglio mangiare!! Sono le 4 di notte, non finisce più sta corsa!!!! Ripartiamo insieme ad altri italiani, ma loro hanno un passo diverso dal nostro. In salita Elio sembra avere difficoltà, lo devo aspettare sempre ma lui poi aspetta me in discesa. la discesa. non riesco quasi a camminare quando al strada volge verso il basso. Le pendenze sono pesanti. Non sappiamo quanti siano i km di salita, ma almeno sappiamo che dai 500mt di Martigny dobbiamo arrivare ai 1400mt di Trient. Se le pendenze rimangono queste i chilometri saranno pochi. È dura. Ci superano a decine tanto che Elio sbraita chiedendosi come cavolo fanno tutti ad avere tutta quell’energia. Che risate. Prima del crollo. Abbiamo sonno e sono le 5 di mattina e non riesco a tenere gli occhi aperti, barcollo sui bastoncini, ogni dieci minuti ci fermiamo e chiudiamo un po’ gli occhi, è un agonia, ma a Trient la corsa prenderà un’altra faccia, ne sono sicuro, fra qualche ora nascerà un nuovo giorno, un altro giorno. Voglio arrivare a Chamonix. Dentro di me spero che ci sia meno pubblico possibile a Chamonix, mi vergogno del risultato cronometrico che ne sta venendo fuori, ma solo dopo qualche giorno, e ancora di più ora che scrivo, mi rendo conto, ricordandomi le sofferenze e le condizioni con le quali sono andato avanti lo stesso, di che grande impresa sulla mia mente ho fatto.
Controllo il Suunto, l’altimetro regalo di Lucy che ho scambiato a La Fouly col Garmin perché si sono esaurite le batterie. I metri non passano mai, ma quando siamo vicino al Colle vedo la luce!! si la luce dell’alba e il Colle in lontananza. Penso sia Trient, urlo felice a Elio, “siamo a Trient!!!!”. Certo, l’anno scorso il morale era diverso, stavo benissimo e avevo ancora tanta energia, ora non riesco a corricchiare neanche in discesa, e non da qualche ora, ma dal 60esimo km!!!!!! siamo al km 145, forse ne mancano 25, un’ultima asperità, Catogne, 3km di salita e 700mt di dislivello, poi discesa fino a Vallorcine!!!!
Il sonno è un po’ passato, da quando Lucy e mia mamma sono tornate in albergo ho passato momenti di sonno incredibili che non so come ho fatto a superare. Penso che il fisico umano abbia risorse così incredibili che solo esplorandole ti rendi conto di quanto siano incredibili, ma solo chi ha la forza, il coraggio e la tenacia di tenere duro può arrivare a conoscersi fino in fondo. E non parlo dello stato fisico. non parlo di una gara, parlo di se stessi, di vita. Quando affronti certe prove anche nella vita hai delle ripercussioni. Dopo la prima maratona, il primo ultratrail, la prima centochilometri, il modo di prendere e affrontare giorno per giorno la vita è differente, sono sempre io ma con qualcosa in più, con uno spirito diverso.
Caffè...brodo...cookies, altro caffè....sono le 6 di mattina e la luce è sempre più forte, ci sono tanti trailers che sembrano venuti fuori dalle loro tane dopo un’ altra notte buia e fredda come i fiori che vengono fuori a primavera. Alle 6:30 ripartiamo ed Elio sembra carico, vuole finirla entro le 35 ore. Fino a quel momento sulle salite lo avevo sempre aspettato, gli ero grato del conforto e della compagnia che ci eravamo scambiati reciprocamente per una decina di ore. Ma ora io di stimoli per tirare non ne ho più, non ha senso arrivare un’ora in più o meno. In più il fisico non è neanche d’accordo. Dopo qualche metro faccio finta di essere stanco e di dovermi fermare. Non sembra convinto quando gli urlo di andare, la vuole finire con me, ma voglio che almeno lui vada a raggiungere il suo obiettivo, io sarei solo una zavorra soprattutto in discesa. Dopo 5 minuti riparto e lo vedo salire con una grande forza, finalmente si è ripreso, come del resto anche io, mi sento meglio, ma devo andare piano, lo seguo nella sua ascesa fino a che non scompare alla mia vista. Sembro riprendermi anch’io. È giorno e sembra una splendida giornata di sole, il freddo sta scomparendo e fra pochi minuti saremo nuovamente in Francia. Chamonix la sento vicina. Molto più vicina. Anche se in discesa verso Vallorcine non riesco a correre, sento il profumo del pane fresco della Boulangerie nella piazza principale della città dalla quale 30 ore prima eravamo partiti. Il mondo si sta svegliando per un altro giorno e io per la seconda alba consecutiva sono sui sentieri con un altro stato d'animo. Sole, pioggia, freddo, buio, nuvole, fango, vento, paesi strapieni di spettatori e sentieri isolati e desolati, sonno, tanto sonno, fame, gastrite, gambe dure e polpacci spaccati, raffreddore, testa che scoppia e gola che fa male a deglutire, schiena dolorante..... ma il cuore è strapieno di vita e di voglia di vivere un’altra giornata.
Ogni ostacolo preso singolarmente, anche se non sconfitto completamente, quando l’hai preso a pugni durante la lotta continua dentro di te e, accantonato dalla mente, permette di affrontare il seguente con il morale più sgombro. Non bisogna mai dimenticare che un’ impresa per essere tale deve essere la somma di tante debolezze esterne e interiori vinte o comunque combattute e non lasciate sopravalere
Dopo un caffè solubile e cookies a Vallorcine si riparte verso Chamonix, 16km di falsopiano. Sembra vicina ma quando non si riesce a correre, pensare di avere l’arrivo già in tasca può fare brutte sorprese. Non corro. Primo tratto di pianura passeggiato con la giacca addosso nonostante il sole, ma è una mattina fresca e ho sonno. In cielo non c'è neanche una nuvola. Sembra fatta apposta questa giornata, sembra la giornata perfetta per il mio arrivo all’UTMB. Passeggio mentre mi superano atleti che corrono lentamente. Un’altra salita di 300mt e giù ad Argentiere. L’anno scorso Vallorcine è stato il momento più bello ed emozionante. C’era un fuoco altissimo davanti al tendone e ogni cookies gustato gioiosamente perché stavo bene e mi sentivo carico di affrontare l’ultimo pezzo di gara. Ora mancano 300mt di salita per Argentiere ma le emozioni e le sensazioni non sono le stesse. Sono le 10:30 di mattina. Qualcuno mi vuole spiegare il percorso, qualcuno mi dice che manca meno di un’ora, qualcun altro mi dice qualcos’altro che non capisco, è una bolgia o almeno mi sembra, abituato da decine di ore al silenzio e a non vedere cosi tanta gente tutta insieme. Passo sui marciapiedi e le automobili suonano i clacson come fossi il primo, mi sento il primo, mi sento Kilian,la strada è un suono di clacson, gli automobilisti si fermano per incitarmi, ogni automobilista ,ed io sono solo uno dei trailer. Corro. Non so da quante ore non correvo. Corro e pure forte. Corro e forte. Sento Chamonix molto più vicina, i passanti, la gente dentro i bar esce per me. Fantastico. Poi si ricomincia a salire. Non ne posso più. Ad Argentiere mi sentivo quasi arrivato, invece ora mi trovo di nuovo su un sentiero che non finisce mai, sale, scende. Mi ripetono che manca ancora un’ora a Chamonix. Ma se me l’hanno detto un ora fa!!!??? Tengo d'occhio l’Auguille du Midi che l altro giorno mi aveva visto in vetta a 3800mt con mamma e Lucia. La continuo a osservare per capire quando sto per arrivare sopra Chamonix. Ma l’ Auguille sembra non muoversi, mi vedo sempre lontano da lei e fino a quando non la sento vicina non sarà mai la fine. Ormai sono 35 ore che sto in giro, ho smesso di correre poco dopo Argentiere ma a tratti son ripartito. Un male incredibile ai quadricipiti, il sonno è acqua passata, il freddo si è trasformato in gran caldo. Se qualche ora fa giravo con la giacca, ora mi strapperei pelle da quanto ciondolo di sudore. Che caldo! L’ Auguille du Midi sembrava più vicina, sul sentiero sopra Chamonix di 300mt per chilometri ci sono panchine dove alcuni signori si rilassano leggendo giornali, ragazze che corrono, bambini che giocano con i loro genitori, anziani che passeggiano, una miriade di "Bravo Bravo ","Zupper", un saluto dietro l altro, alcuni italiani vedendo la bandiera sul pettorale mi incitano più forte “evviva!!!!” un giorno tornerò a godermi quel sentiero molto bello e rilassante in mezzo agli alberi, ma ora voglio solo sapere quanto cavolo manca per scendere verso Chamonix!! Basta. Ho fame, sono stanco , voglio arrivare!!! e che cavolo, basta!!!! non finisce mai sto sentiero!!!! Quando il sentiero scende verso Chamonix i km mancanti sono 2 o tre. E' mezzogiorno, il
momento della giornata forse più caldo e con più gente in città.
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Quando combatti su una montagna al freddo, sotto la pioggia, hai sonno e sei stanco, perdi l’orientamento o peggio il sentiero, con dolori atroci……sei come un leone nel mare che cerca di raggiungere la riva.
L’impresa non è altro che la somma di tante vittorie su te stesso. Vittorie non facili e dopo tante battaglie potrebbe venire voglia di rassegnarsi, perdere lo stimolo di lottare nuovamente.
Bisogna sempre essere positivi, continuare a crederci ed impegnarsi, perché un intoppo, una sensazione negativa non preventivata, una difficoltà interna o esterna come possono essere pioggia, vento o una bufera, non può farci diventare negativi. Per mia esperienza la negatività provoca ancora più negatività e ci attira sensazioni ancora peggiori, mentre il potere della mente può far cambiare le cose in corso d’opera. Tutto può cambiare ma dobbiamo essere noi i primi a crederci, a non mollare. La frase “non mollare” è troppo facile da pronunciare, ma metterla in pratica quando tutto sembra negativo, quando le condizioni sono estremamente drammatiche può darci grandi soddisfazioni e sorprese. Come dicevo prima, il fisico ha delle risorse cosi grandi e inesplorate che solo mettendoci alla prova in situazioni estreme siamo in grado di conoscere. Quando pensavo di dover crollare dal sonno e gelare nel freddo, tutto è cambiato, è nato un altro giorno, il sole ha preso il posto della pioggia e la maglia termica è finita nello zaino al posto della canottiera.
La tensione è diventata sorriso e il fango è diventato l’asfalto dell’ultimo chilometro nel centro di Chamonix.


Passiamo il ponte sul fiume e siamo davanti allo Sport Center dove abbiamo ritirato il pettorale qualche giorno fa. Ricordo l’anno scorso, all’una di notte, l’emozione di tagliare la prima volta il traguardo di Chamonix e anche allora, di notte, con mia sorpresa, c’erano stati tanti spettatori. Mai quanti oggi. Ci sono spettatori e normali turisti, trailers e finisher con indosso il gilet azzurro come trofeo per il loro arrivo (ma come fanno a stare con quel gilet con questo caldo?)...è una bolgia, non so più dove guardare, a chi sorridere, chi ringraziare, Patrizia, arrivata prima di me, mi urla un bravo, di altri non riconosco nessuno, ali di gente, fantastico! Mi dirigo verso il centro storico, ancora piu gente, in fondo vedo le transenne e tantissimi spettatori. Da un momento all’altro vedrò mia madre e Lucy. Sono felice di essere arrivato ma in questo momento, e mi vergogno a dirlo, sono arrabbiato. C’è troppa gente e io sono incazzato nero per la mia gara, non riesco a pensare all’impresa di essere arrivato in queste condizioni la prima volta, penso al fatto che sarei voluto arrivare almeno 7 ore prima e non vedo l ora di tagliare il traguardo. C'è troppa gente.. stavo meglio prima nei sentieri tranquilli o sopra i colli freddi e isolati, troppo casino, troppo caldo.....vedo mia madre che dalle transenne si mette in strada, l'abbraccio, questo è un bel regalo, poi Lucy che me la sento correre impazzita dietro di me, più felice di me e mi grida “tieni la bandiera!!”, girandomi la stoppo e gliela rifiuto, perché non ho cosi voglia di festeggiare. Voglio arrivare, per me, non me ne frega delle celebrazioni, non sono arrivato primo, sono solo arrivato e vorrei dividere questo momento stupendo solo con me stesso, con voi donne della mia vita che sapete cosa ho passato questi mesi, questi ultimi anni a livello fisico, con problemi fisici, alimentari, psicologici, problemi che si fondono con prestazioni scadenti alternate ad alcune buone...ma non ho voglia di dividere questo momento con tutti gli altri...è un grande momento, sì, ma non di prestazione sportiva, ma della mia vita che dividerò con mia mamma e Lucia, le persone più importanti della mia vita. Ultima curva e vedo il traguardo. Sento urlare il mio nome, riconosco Roberto, sento gridare forte, sembra come stare in uno stadio strapieno durante un derby dove il protagonista sono io!!!!o forse il casino si enfatizza nelle mie orecchie abituate al silenzio quasi assordante della notte nei boschi di Martigny e questo mi risulta assordante in senso contrario. So che chi mi sta leggendo rimarrà scettico sulle ultime righe, sul mio arrivo e sulla mia arrabbiatura, ma sono un solitario, un orso che fa fatica a uscire dalla sua tana e comunicare con gli altri. Solo adesso riesco a emozionarmi completamente per tutto quello che ho fatto e anche per il mio arrivo. Ci sono imprese che per qualcuno quando sono compiute sembrano più facili, ma per costruire un’impresa bisogna mettere insieme tanti minuti, tanti momenti, tante gocce di sudore, tantissime piccole sofferenze, tanti spilli infilati nella pelle, che fanno si che l’impresa sia sentita come tale. Molto spesso a me capita di accorgermene qualche tempo dopo di quanto  realmente vale un momento, perché noi ci roviniamo i momenti belli desiderando sempre di più, perché non ci accontentiamo mai. Me ne accorgo ora che scrivo, ora che lo rileggo insieme a Lucia, piango, mi si stringe il collo, può sembrare assurdo, può sembrare esagerato, ma rileggermi indifeso e dolorante, debole e forte allo stesso tempo, rivivere i pensieri e i dubbi dei singoli momenti mi emoziona, forse perché so come è andata.
Fra un anno ci rivedremo. Alle 18:30 di venerdì 31 Agosto spero di sentire finalmente il mio inno nazionale. E che Lucy e mia mamma siano ad ascoltarlo con me.